Cyber spie, Ronzulli ai pm: “Mai chiesto dossier verminaio inqualificabile”

La vicepresidente del Senato Ronzulli sentita per un'ora dagli inquirenti che indagano sulla banda di cyber-spie della Equalize

Cyber spie, Ronzulli ai pm: “Mai chiesto dossier  verminaio inqualificabile”

“Un verminaio inqualificabile”. Così ieri la senatrice, Licia Ronzulli (FI), ha commentato l’indagine sulla presunta rete di cyber spie – la “Banda di via Pattari” – scoperta dalla Dda di Milano e dalla Dna. Ronzulli si era presentata al Palazzo di Giustizia di Milano dove è stata sentita per oltre un’ora come persona informata sui fatti.

“Non ho mai fatto richiesta di alcun dossier” a Enrico Pazzali (il presidente di Fondazione Fiera, nonché proprietario della società Equalize, dietro alla quale si celava la banda, ora autosospesosi dall’incarico, ndr) e “i pm ne hanno preso atto”, ha detto la vicepresidente del Senato. “Dopo aver letto le ricostruzioni giornalistiche in cui venivo coinvolta, seppur da non indagata, nell’inchiesta – ha spiegato – ho chiesto subito ai pm di potermi ascoltare per sgomberare il tavolo da ricostruzioni fantasiose, allusioni e tesi che mi vedrebbero accostata ai cosiddetti spioni, questo è totalmente falso”.

Secondo Pazzali, Ronzulli avrebbe chiesto un “report” sulla manager di Autogrill Gelpi

Secondo un’intercettazione dei Carabinieri di Varese, nel luglio del 2022, Pazzali ha chiesto all’ex poliziotto Carmine Gallo di verificare se la manager di Autogrill Simona Gelpi (oggi in Barilla) “ha qualche roba con Berlusconi”, richiesta che, dice Pazzali, “mi arriva dalla senatrice di Forza Italia Licia Ronzulli, mi fa un po’ paura”.

“Non avrei avuto alcun motivo di chiedere informazioni su una professionista che stimo e che conosco da tantissimi anni”, ha proseguito Ronzulli. Se sono stati chiesti “dei controlli su di lei sono stati fatti in totale autonomia da qualcun altro, non so con quale obiettivo, non escludo magari per qualcosa che potesse screditarla in quanto in predicato di entrare nel cda di Fiera”. E a chi chiedeva se Pazzali avesse in mano il cv di Gelpi, ha risposto: “Questo io non lo so dire, io non ho mai fatto il suo nome a Pazzali”.

Fontana e Sala continuano a non voler “dimissionare” Pazzali da Fondazione Fiera

E proprio delle eventuali dimissioni di Pazzali da Fondazione Fiera è tornato ieri a parlare il suo ex grande sponsor, il presidente lombardo Attilio Fontana, per il quale né lui, né il sindaco di Milano, Beppe Sala, avrebbero alcun potere decisionale. “Pazzali si è autosospeso. Esiste un vicepresidente che subentra, esiste un consiglio il quale è delegato ad assumere tutti i provvedimenti del caso. Mi sembra che questa settimana si riunisca e ascolteremo quelle che saranno le decisioni e le richieste che verranno avanzate”, ha sottolineato.

“Noi dall’esterno non possiamo fare niente, non possiamo fare richieste in questo senso. È soltanto la Fondazione che nella sua autonomia deve prendere le decisioni che ritiene più opportune. Sarebbe incongruo – ha concluso – che io e Sala facessimo una richiesta in questo senso”.

La composizione del Cda della Fiera, dove Regione e Comune contano tantissimo

Un’affermazione discutibile, visto che Pirellone e Palazzo Marino nominano insieme 8 dei 25 consiglieri del Cda (ai quali se ne aggiunge un nono, Giudo Bardelli, divenuto nel frattempo assessore di Sala), mentre gli altri membri del Cda sono espressi da associazioni o gruppi assai vicini o a Regione o a Comune (come Camera di Commercio, Confcommercio Coldiretti…).

Inoltre Regione e Comune per statuto devono nominare in accordo il presidente della Fondazione… Così, qualora mancasse la fiducia di uno dei due enti, o, a maggior ragione di entrambi, sarebbe più che possibile “dimissionare” il presidente indagato. Basterebbe avere la volontà politica di farlo. Intanto però Pazzali si è dimesso dal Cda dell’Università Bocconi. La sua nomina era del 2022 ed era avvenuta su indicazione tra gli altri di Regione e Comune…

Dossierato anche l’ex capo della Cia in Italia, Gorelick

Intanto dall’inchiesta emerge anche un report che la banda di presunte cyber-spie stava preparando sull’ex capo della Cia in Italia, Robert Gorelick. Nel dossier agli atti viene segnalato che Gorelick, dopo il ruolo svolto in Italia, “tra il 2003 e il 2008”, come “Capo Centro Cia”, ha potuto “intessere ed estendere rapporti e relazioni sia in ambito istituzionale e politico sia in quello imprenditoriale sul territorio nazionale”.

È stato “citato”, si legge ancora, “quale soggetto, in qualche maniera, interessato o coinvolto a svolgere attività di intelligence nel noto caso che ha interessato la Santa Sede a Roma, meglio conosciuto come Vatileaks, e ancora indicato quale probabile portavoce nel rappresentare le ingerenze Usa al fine di favorire la caduta del passato Governo Prodi”.

Ennesimo indizio del possibile coinvolgimento dei servizi italiani e stranieri col gruppo di supposti spioni. Tanto che oggi il Copasir sentirà sull’inchiesta il direttore dell’Aise, Giovanni Caravelli, mentre domani sarà la volta del procuratore di Milano, Marcello Viola.