Dopo l’approvazione della riforma del Consiglio superiore della magistratura, è tempo di rinnovare l’organo di autogoverno delle toghe.
Dopo l’approvazione della riforma, annunciate nuove elezioni al Csm
In attuazione di quanto previsto dagli articoli 18, 21 e 30 della legge 24 marzo 1958, n. 195, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nella sua qualità di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, ha oggi indetto per i giorni 18 e 19 settembre 2022 la elezione dei suoi venti componenti magistrati.
Contestualmente il Capo dello Stato ha invitato il Presidente della Camera dei Deputati a provvedere, d’intesa con il Presidente del Senato della Repubblica, alla convocazione del Parlamento in seduta comune per la elezione dei dieci componenti di designazione parlamentare dello stesso Consiglio Superiore, informando di ciò il Presidente del Senato della Repubblica, il Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura in carica e il Ministro della Giustizia.
La Riforma approvata in Senato
Sul testo di riforma del Csm c’è stata una lunga battaglia politica che, alla fine, si è conclusa con il più classico ‘tanto rumore per nulla’. Dopo i referendum falliti per il mancato quorum e la pioggia di emendamenti bocciati per reintrodurne i contenuti, la riforma del Csm voluta dalla ministra Marta Cartabia è diventata legge il 16 giugno scorso.
Un risultato che è stato ottenuto con una larghissima maggioranza, ben 173 voti favorevoli e appena 37 contrari, con i quali il Senato ha approvato il testo senza alcuna modifica.
Un risultato che, soltanto poche ore prima, sembrava davvero a rischio viste le posizioni di ferma opposizione manifestate dalla Lega e da Italia Viva, con soprattutto i primi che sembravano addirittura pronti allo strappo. In realtà che le cose sarebbero andate così lo aveva già fatto capire il deputato M5S, Vittorio Ferraresi, che a La Notizia aveva detto chiaro e tondo che le manovre dei due Matteo non erano nulla più che “una gran caciara per fare propaganda elettorale”.
Una profezia che ha trovato conferma poche ore dopo dalle decisioni dei due partiti prese in Aula e che hanno mirato sostanzialmente a salvaguardare l’attuale governo anziché affossarlo.