di Gaetano Pedullà
Il conto alla rovescia sta per scattare. Troppe micce accese sulla polveriera Medio Oriente. Troppi interessi geopolitici. Troppi interessi economici. Ma soprattutto troppo orrore. Chiamarla operazione di polizia internazionale o missione umanitaria cambierà poco. Di fatto il mondo è di nuovo a un passo dal riprendere l’elmetto e tornare a esportare la democrazia con le bombe. La guerra civile in Siria, con la strage dei bambini utilizzando armi chimiche, non è che una goccia nel mare delle mostruosità che ormai si registrano ogni giorno dal Libano all’Egitto, dalla Libia alla Turchia, da Gaza e i territori palestinesi a un Iraq tutt’altro che normalizzato dopo l’abbattimento di Saddam Husseim, senza contare le tensioni sul nucleare iraniano, i raid israeliani, il dilagare di fondamentalismi e Al-Qaeda, le roccaforti terroristiche in Yemen. L’Europa fiaccata dalla crisi economica scopre così l’Apocalisse di Damasco, il milione di bambini profughi, la brutalità di un conflitto che Assad definisce terrorismo interno e i suoi oppositori liberazione dal regime. Si svegliano Onu e Stati Uniti, fin oggi frenati dall’attivismo diplomatico di Russia e Cina, oltre che da una consistente dose di cinismo politico: le guerre costano, anche quando sono mosse dalle migliori intenzioni. Costano in vite umane e consenso politico, ma anche in miliardi di dollari, di euro o della valuta che vi pare. Montagne di soldi, che quando parliamo di Medio Oriente in gran parte tornano sotto forma di petrolio, di cui i governi dovrebbero fare altri usi, investendo su welfare e crescita. L’intervento militare in Siria a questo punto però sembra difficilmente evitabile. La guerra toglie, ma la guerra anche dà. Investimenti bellici, occupazione, se va bene pure consensi elettorali, gloria e peso politico internazionale. D’altra parte, da che mondo è mondo si dice che finché c’è guerra c’è speranza. Come se secoli di guerre in Medio Oriente siano serviti a qualcosa. Dalle Crociate a oggi, forse in quell’area sarebbe ora di investire sul serio, ma non sulle bombe, bensì sulla Pace.