Prima la minaccia al Governo con la pioggia di emendamenti sul Csm, poi il passo indietro che lascia tutto com’è. Sembra proprio che sulla riforma del Csm si è consumata l’ennesima farsa di Lega e Italia Viva. Già perché dopo aver mostrato i muscoli, respingendo la richiesta della ministra Marta Cartabia di trovare una soluzione e facendo presagire per uno strappo definitivo, alla fine è tornato il sereno e il testo oggi sarà votato dall’Aula di Palazzo Madama.
Una situazione di relativa tranquillità che soltanto 24 ore fa non sembrava neanche lontanamente plausibile visto che i due Matteo, come in una partita di poker, sembravano decisi ad andare fino in fondo. Ma si è trattato di un bluff perché, evidentemente, nessuno voleva davvero mettere a rischio la tenuta del governo.
La riforma del Csm arriva in Senato
A fare marcia indietro per prima è stata Italia Viva che, a tarda notte, ha ritirato tutti gli emendamenti. Ma quello che poteva sembrare come un dietrofront precipitoso di Matteo Renzi & Co, con abilità è stato spacciato per una mossa fatta per l’Italia e per gli italiani.
“C’è l’esigenza di chiudere in tempi brevi per poi procedere all’elezione del prossimo Csm. Per questo Italia Viva con altissimo senso di responsabilità e per rispetto nei confronti del presidente Draghi e delle richieste del presidente Mattarella, ha deciso di ritirare i suoi emendamenti alla riforma Cartabia sulla Giustizia” ha spiegato il capogruppo Iv in commissione Giustizia del Senato, Giuseppa Cucca.
Questo “non significa approvazione del contenuto della riforma. Da parte nostra restano tutte le perplessità e non crediamo sarà possibile dare un voto favorevole” insiste Cucca, intervenendo al Gr Leopolda, per poi preannunciare una nuova battaglia visto che “il ritiro degli emendamenti non ci impedirà di chiedere comunque tutte le modifiche che saranno necessarie perché davvero questa riforma possa produrre gli effetti che tutti hanno auspicato ma che in pochi hanno perseguito”.
La posizione del Carroccio
Diversa, invece, la scelta della Lega che in Commissione non ha ritirato i propri emendamenti, ben conscia che questi non sarebbero passati per via di Forza Italia che aveva già ritirato i propri emendamenti e fatto sapere anche che avrebbe votato contro quelli ancora rimasti in piedi “per senso istituzionale”.
Così Matteo Salvini & Co hanno potuto recitare la parte dei duri e puri, insistendo sulle loro istanze e facendo baccano per racimolare qualche consenso. Il Capitano, dopo la bocciatura degli emendamenti del Carroccio, ha tenuto il punto e spiegato che “se in Parlamento ci sono i numeri (la riforma, ndr) verrà approvata. Noi abbiamo proposto emendamenti in linea con quesiti referendari. Se altri partiti vogliono una giustizia politicizzata voteranno contro i nostri emendamenti”. Insomma tanto rumore per nulla.
Maggioranza in fibrillazione
Tuttavia leggendo tra le righe, non si può dire con certezza che il casus belli sulla Giustizia sia stato completamente disinnescato. Certo appare difficile da credere che, dopo tanti flop, i due partiti decidano di staccare la spina al Governo proprio sulla riforma del Csm ma non si può mai sapere. Del resto in queste ore i due partiti starebbero facendo calcoli politici e valutando strategie per capire come muoversi in vista del voto sulla riforma.
Insistere sul proporre emendamenti già bocciati in Commissione, per giunta su punti che spaccano letteralmente in due la maggioranza, non potrebbe che avere ripercussioni sull’Esecutivo stesso. Questo almeno è il timore evocato dal segretario del Partito democratico, Enrico Letta, in vista del voto di oggi in Senato sulla riforma Cartabia.
“Sono colpito dal fatto che la reazione della Lega rispetto a un referendum che ha voluto e ha perso, sia quella di continuare a rendere impossibile la riforma in Parlamento” ha spiegato il dem a DiMartedì su La7. Per questo, conclude il segretario Letta, “dico al presidente del Consiglio Mario Draghi e al governo che se continua così, l’unico modo per portare a casa la riforma sarà quello di mettere la fiducia al Senato e poi di nuovo alla Camera”.