Dal Ponte sullo Stretto al Tav e dal tunnel del Brennero al porto di Civitavecchia. Sembra proprio che il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, non potendo più pontificare sul rischio di invasione dei migranti un giorno sì e uno no, abbia trovato un nuovo modo per far parlare di sé e, magari, acchiappare qualche consenso.
Salvini ora batte cassa con l’Europa per buttare altri soldi nel Tav, bocciato pure dalla Corte dei Conti Ue. Ormai è il ministro delle opere inutili.
Come? Semplicemente rispolverando una sterminata serie di progetti relativi a megastrutture finite nel dimenticatoio perché giudicate quasi inutili dagli esperti o perché rischiose. Punti di vista che evidentemente non convincono il leader della Lega che, pur sapendo di non poter riuscire a tradurre in realtà tutte le sue idee e con il rischio piuttosto concreto di non poterne concretizzare neanche uno, ieri ha incontrato l’omologo francese Clément Beaune.
Un bilaterale, andato in scena a margine del Consiglio tra i ministri dei Trasporti a Bruxelles, che si è trasformato nell’occasione perfetta per dialogare del Tav, un progetto tra i più divisivi d’Italia e su cui Salvini, dopo una prima fase attendista durante il governo gialloverde in cui a imporsi erano stati i parlamentari del Movimento 5 Stelle che da sempre sono contrari al progetto, si è più volte detto favorevole.
Un concetto ribadito ancora una volta ieri al termine dell’incontro con Beaune, culminato con una nota congiunta in cui i due ministri si sono detti “d’accordo per chiedere alla Commissione Ue” guidata da Ursula von der Leyen “una importante compartecipazione finanziaria per il Tav”. Qualora si dovesse insistere sui lavori della Torino-Lione, è chiaro che serviranno altri fondi. E anche molti, talmente tanti che perfino dall’Unione europea arrivò una sonora bocciatura già nel 2020.
A fornire il sorprendente parere visto che fino a quel momento Bruxelles aveva sempre incoraggiato la realizzazione del tunnel era stata la Corte dei Conti europea che aveva demolito il Tav in quanto i costi erano quasi raddoppiati rispetto al piano iniziale, i ritardi si erano accumulati fino a raggiungere il record di 15 anni – segnalando un valore ben al di sopra della media registrato in tutta l’Ue per opere simili -, e concludendo segnalando come persino la sostenibilità economica a lungo termine sarebbe a rischio.
Per quanto riguarda i costi, la Corte spiegava che da Bruxelles erano stati stanziati fino a quel momento 1,2 miliardi di euro a fronte di un progetto che inizialmente stimava una spesa di 5,2 miliardi di euro. Peccato che al momento del parere, il costo dell’orbita era già lievitato a 9,6 miliardi di euro anche per via di alcune varianti al progetto che nel frattempo era passato da una galleria a due.
Ma la cosa più incredibile è senza dubbio l’analisi sui benefici visto che nella relazione si leggeva che “tenendo conto del numero di passeggeri attesi e del potenziale traffico, la popolazione complessiva che vive nel bacino d’utenza è troppo poco numerosa per assicurare una sostenibilità economica a lungo termine”.
Tav che, è bene ricordarlo, è riuscita ad unire anche cittadini italiani e francesi che da mesi lottano per impedire la realizzazione di questa infrastruttura internazionale che ritengono, a quanto pare a ragione, dalla più che dubbia utilità. Insomma tutte ragioni per le quali appare altamente improbabile, anche se non si può neanche escludere, che l’Unione europea cambi di colpo idea e finisca per concedere i tanti agognati fondi a Salvini e Beaune.