Una corrente di pensiero riferisce che Atlantia, alla fine, potrebbe rinunciare senza troppe sofferenze alle concessioni autostradali italiane. L’assunto è che la holding del gruppo Benetton, messa alle corde nel Belpaese dal crollo del ponte di Genova, che è costato la vita a 43 persone, potrebbe tranquillamente sostenersi con le migliaia di chilometri in concessione all’estero. Il punto è che forse, dopo l’immane tragedia italiana, anche gli enti concedenti pubblici di altri Paesi potrebbero voler accendere un faro su come Atlantia sta curando le loro autostrade. Basta dare un’occhiata al bilancio della holding per capire che c’è tanta carne al fuoco.
La lista – Attualmente la società guidata dall’Ad Giovanni Castellucci vanta partecipazioni che vanno dal 50 al 100% in cinque società brasiliane (Atlantia Bertin Concessoes, Rodovia das Colinas, Rodovia MG050, Triangulo do Sol e Tiete), in otto società cilene (Grupo Costanera, Costanera Norte, Acceso Vial Aeropuerto, AMB, Litoral Central, Nororiente, Nueva Vespucio Sur e Los Lagos), in una società indiana (Pune Solapur Expressway) e in due polacche (Stalexport Autostrada e Malopolska). Il tutto per circa 2mila chilometri di rete, anche in questi casi in concessione, con scadenze che vanno dal 2020 al 2044. Senza dimenticare che è in corso di perfezionamento l’operazione congiunta con Acs che porterà Atlantia a detenere il 50% di una società veicolo nella cui pancia sarà collocata la partecipazione in Abertis, il super concessionario autostradale spagnolo e francese con una dote di 3.200 chilometri. Tutte acquisizioni, neanche dirlo, rese possibili nel corso degli anni dai lauti guadagni garantiti dai pedaggi italiani e dall’assistenza finanziaria prontamente garantita dalle banche. A tal proposito è appena il caso di ricordare che lo scorso 4 luglio, per sostenere l’operazione Abertis, Atlantia ha sottoscritto un finanziamento da 1,75 miliardi (solo l’ultimo in ordine di tempo) con un pool di banche comprendente Banco Bpm, Bnp Paribas, Intesa Sanpaolo, Mediobanca, Unicredit e Cassa Depositi e Prestiti, cioè la stessa Cdp che secondo alcune indiscrezioni potrebbe essere messa in campo per entrare nel capitale di Autostrade per l’Italia.
Il nodo – Ma a questo punto la domanda è piuttosto semplice: come reagiranno gli enti pubblici concedenti esteri di fronte al disastro italiano? Chiederanno al gruppo Benetton di fare chiarezza sullo stato di manutenzione e sul futuro delle autostrade brasiliane, cilene, indiane, polacche, spagnole e francesi? Non è così inverosimile che qualche supplemento di garanzia possa essere chiesto al colosso della famiglia di Ponzano Veneto. Per non parlare del fatto che Atlantia vanta diverse concessioni anche in Italia. Non c’è infatti soltanto la partecipazione dell’88% in Autostrade per l’Italia, ma anche il 51% nella Società italiana per il Traforo del Monte Bianco, il 47,9% nel Raccordo autostradale Valle d’Aosta, il 99,9% nella Società Autostrada Tirrenica, il 100% nella Tangenziale di Napoli e il 58,9% nelle Autostrade Meridionali. Anche qui parliamo di concessioni le cui scadenze possono arrivare fino al 2050.