Le opposizioni hanno immediatamente gridato allo scandalo. “Ma quale dignità? In pochi mesi hanno distrutto quanto di buono era stato fatto in questi anni. Un disastro annunciato”, ha gridato la Alessia Rotta e con lei i suoi colleghi dem. Pensiamo, per esempio, all’ex sindacalista e oggi renzianissima Teresa Bellanova che pure dovrebbe conoscere i meccanismi occupazionali: “Complimenti al Governo del cambiamento e al ministro Di Maio per il suo decreto licenziamenti. Con un decreto hanno vanificato quanto di buono abbiamo fatto in questi anni. Incompetenti patentati”.
Peccato che pensare che i dati diramati ieri dall’Istat siano conseguenza di quanto fatto finora dai gialloverdi (cioè poco o nulla) sia assolutamente fantascienza. Un dettaglio dimenticano le impetuose Bellanova e Rotta: il decreto dignità nemmeno è entrato di fatto in vigore. Logica insegna, dunque, che gli effetti che vediamo oggi non possono che essere conseguenza delle politiche portate avanti negli ultimi anni. Domanda: chi è stato al Governo fino a ieri? Il Pd, appunto. Esattamente come per i dati stagnanti relativi al Pil pubblicati due giorni fa, anche il “settembre nero” per il mercato del lavoro è frutto di Jobs Act e affini.
Ed ecco, allora, che dopo due mesi di calo, la disoccupazione è tornata a crescere sopra la soglia del 10% (10,1%, +0,3 punti rispetto ad agosto). Sale soprattutto quella giovanile che ora è al 31,6% (+0,2 punti), e il numero di occupati cala di 34mila unità. Un disastro, insomma. Anzi: un Jobs Disastr. Ma non è finita qui. Rispetto a settembre 2017 il tasso di disoccupazione è diminuito di 1,1 punti. Le persone in cerca di lavoro sono 2.613.000 in aumento di 81mila unità (+3,2%) rispetto ad agosto.
Secondo l’Istat a settembre i lavoratori con contratto dipendente a tempo indeterminato si riducono di 77mila unità su agosto e di 184mila unità rispetto a settembre 2017. Aumentano, invece, i lavoratori a termine con una crescita di 27mila unità su agosto e di 368mila unità sull’anno. Per il lavoro indipendente si registra un aumento di 16mila unità su agosto e di 22mila unità su settembre 2017.
Ecco perché, più che la Rotta, bene ha detto Luigi Di Maio, il quale ha letto il dato come “l’ultimo colpo di coda del Jobs act perché dal primo novembre entra in vigore la nuova norma. È chiaro – ha osservato a margine di un incontro a Torino – che se si ferma l’economia si ferma l’occupazione”. Ecco perché, dopo i dati del Pil, era inevitabile leggere anche il calo dell’occupazione. E in una situazione del genere che cosa fa il Pd? Parla della necessità di rigore e austerity. Esempio perfetto di come si faccia a stravolgere la realtà.