Luigi Di Maio stravince la sfida. Dopo aver incassato la fiducia dei parlamentari, fa il pienone del gradimento degli iscritti M5S, “gli unici – aveva detto – a cui devo dar conto del mio operato”. Con l’80% delle preferenze, e con 14mila voti in più rispetto a quelli che lo hanno eletto nel 2017, il capo politico del MoVimento, vicepremier e due volte ministro, vede riconfermata la sua leadership politica. Adesso, forte di questi numeri, Di Maio è atteso alla prova più importante: ridare nuova linfa vitale al MoVimento, quella che è mancata nell’ultima tornata elettorale. “Non mi monto la testa, questo è il momento dell’umiltà”, dice.
“La riconferma del mio ruolo di capo politico è solo il primo passo per avviare una profonda organizzazione del M5S – spiega – per renderlo più vicino ai cittadini, ai territori, per rimarcare la nostra identità e per permettere a questo Governo di realizzare quella idea di Paese che abbiamo costruito negli ultimi 10 anni con esperti, portavoce ed attivisti”. Di Maio annuncia che vedrà consiglieri, sindaci, attivisti per un confronto “franco e produttivo”. Non vuole perdere tempo: “Tra qualche settimana conoscerete la nuova struttura organizzativa che per me deve prevedere compiti ben precisi in capo a persone individuate dal Movimento, penso a deleghe sull’economia, i territori, le liste civiche, le imprese, il lavoro, l’ambiente, la sanità, la tanto discussa comunicazione, tutte questioni che sono sempre state in capo a me, vista l’assenza di una struttura interna. Domani (oggi, ndr) avrete già novità sul rinnovo di alcuni ruoli e procedure interne”.
FASE NUOVA. Di Maio, dunque, non sarà più solo. A decidere quale sarà la nuova architettura interna del Movimento cinque stelle sarà un gruppo di big, probabilmente espressione delle varie anime del M5S. Tra cui si dovrebbero contare i nomi del presidente della Camera Roberto Fico e di Alessandro Di Battista. Fico, tra parentesi, ha deciso di non partecipare al voto su Rousseau perché “contrario alla politica che si identifica in una sola persona”.
Di Maio quando ha parlato delle varie anime del MoVimento ha fatto riferimento proprio a Fico, Di Battista, Beppe Grillo e Davide Casaleggio. Un gruppo di lavoro, questo, che dovrebbe sciogliersi il giorno dopo la riorganizzazione del MoVimento. Il risultato alla fine condurrebbe a una segreteria politica allargata a dieci, o anche dodici, persone, con cui il capo politico possa condividere oneri e onori delle scelte che si prenderanno. E che risponda a quella richiesta di collegialità che si è levata da più parti, fino a coinvolgere chi si è sentito escluso.
CASELLE SGUARNITE. Rimane adesso in piedi il tema del cambio della squadra dei ministri posto da Emilio Carelli. L’uscita dall’esecutivo del viceministro leghista Edoardo Rixi e del sottosegretario del Carroccio Armando Siri, entrambi al ministero delle Infrastrutture, crea un vuoto nel dicastero guidato dal grillino Danilo Toninelli. Dove non ci sarebbe più nessun uomo di Matteo Salvini. Corre voce che anche Di Maio possa offrire la disponibilità a lasciare uno dei due ministeri: il Mise, mentre terrebbe quello del Lavoro. I capigruppo M5S di Camera (Francesco D’Uva) e Senato (Stefano Patuanelli), interrogati al riguardo, rispondono che sarà il ministro a valutare.
La deputata Vittoria Baldino (leggi l’intervista) conferma: “Restano comunque valutazioni che spettano a lui”. Una scelta che dovrà tenere conto anche delle richieste della Lega. Ma per questi discorsi ci sarà tempo. Ieri è stata la giornata della soddisfazione in cui si è registrata la “votazione con maggior partecipazione dell’intera storia di Rousseau, ma anche quella più partecipata di sempre a livello mondiale in fatto di democrazia digitale”. Nonostante i tre attacchi hacker, tutti però respinti. “Una fiducia strameritata, ora avanti col cambiamento”, commenta il ministro per i Rapporti con il Parlamento Riccardo Fraccaro. “Ora andiamo avanti uniti e compatti!”, esulta su twitter il Guardasigilli Alfonso Bonafede.