La storia si ripete, anche quando sembra essere lontana. Nel suo libro “Isabella e Lucrezia, le due Cognate”, Alessandra Necci traccia il profilo delle due donne più influenti del Rinascimento italiano, Isabella d’Este marchesa di Mantova e Lucrezia Borgia duchessa di Ferrara, per evidenziare le meraviglie e le storture di un’epoca maginificata dalla storia ma tragica allo stesso tempo. L’intreccio delle vite di queste donne, che diventano cognate in virtù del terzo matrimonio di Lucrezia con Alfonso d’Este, cela le trame dei giochi di potere dell’epoca, che non si discostano molto da quelli che viviamo oggi. A fare da sfondo a un periodo di rigoglio culturale e di trionfo del mecenatismo c’è una tragica situazione economica e politica che lascia il Paese disunito e preda delle influenze esterne (spagnole dal 1599). Il Rinascimento infatti non è solo “l’età dell’oro” trasmessaci da una lettura troppo agiografica, ma è anche e soprattutto una fase tragica, complessa, densa di contraddizioni e dicotomie. Una fase che dice molto di un Paese – l’Italia, appunto – ricco di individualità a volte straordinarie, ma incapace di creare un progetto comune e quindi impossibilitato a divenire uno stato nazionale. Un’Italia che è la patria di alcuni dei maggiori geni di tutti i tempi – Leonardo, Raffaello, Michelangelo, Pico della Mirandola, Ludovico Ariosto – ma che non sa tradurre la bellezza culturale in efficienza politica. I particolarismi e gli egoismi locali sembrano riflettere gli scontri politici odierni, che spostano l’attenzione dal benessere comune alle rendite di posizione personali.
Donne di potere – Isabella incarna la donna politica per eccellenza: cerebrale, calcolatrice, poco affettiva ma capace di proteggere la dinastia, il regno e i sudditi. Abile nelle strategie e nelle pubbliche relazioni e raffinata collezionista d’arte, la moglie di Francesco Gonzaga, definita “la prima donna del mondo”, diventa emblema dello spreco di bellezza che affligge l’Italia: pochi decenni dopo la sua morte, delle sue opere svendute dai discendenti, non è rimasto quasi nulla, tranne la frase, che ha scelto come ispiratrice “Senza speranza e senza timore” incisa nei famosi Camerini di Mantova. Lucrezia, figlia di un papa controverso e “carnale” come Alessandro VI, è più femminile, più passionale, “innamorata dell’amore”, ma riesce anche lei a divenire donna politica, quando le circostanze lo richiedono, ed è una saggia e avveduta amministratrice di Ferrara. Al tempo stesso, però, è più vulnerabile, in mano a signori, papi e signorotti che si combattono con ferocia, per cui diviene facile preda degli stranieri come Carlo XVIII e Luigi XII, che sempre più numerosi varcano le Alpi con i loro eserciti per conquistare i nostri territori. La perdita di sovranità nazionale è anche oggi al centro del dibattito politico, che non verte più sul tema dell’occupazione militare ma su quello del dominio economico, industriale, finanziario che il nostro Paese cede sempre più velocemente all’Europa.