Una donna di 83 anni è morta tre ore dopo il vaccino dopo essere guarita da Covid-19 a Rimini. Il figlio dell’anziana ha presentato un esposto in procura. Chiedendo di accertare le cause della morte e perché le hanno somministrato il siero 21 giorni dopo la guarigione. Nonostante, secondo l’uomo, si raccomandi di somministrarlo da tre a sei mesi dopo.
La donna guarita da Covid-19 e morta tre ore dopo il vaccino
La storia è oggi sul Resto del Carlino. La donna era costretta su una carrozzina e viveva in una casa di riposo della Valconca. Aveva contratto il coronavirus nel dicembre 2020. Ma non presentava sintomi gravi. Aveva vissuto l’isolamento, revocato alla fine dei 21 giorni di quarantena. Secondo la ricostruzione fatta dal figlio della vittima nell’esposto, la mattina del 15 gennaio, la donna ha ricevuto la prima dose del vaccino anti-Covid, ovvero il Pfizer-BioNTech Covid19.
Tre ore dopo la donna si è sentita male ed è morta. I familiari, assistit dall’avvocato Luca Greco, hanno presentato un esposto denuncia. Nello scritto l’uomo racconta che “la causa della morte i medici l’hanno dichiarata sconosciuta e la somministrazione del farmaco vaccinale veniva indicata come sospetta”. “Non posso ancora comprendere – scrive l’uomo nell’esposto – come, nonostante l’età e le sue patologie, mia madre abbia resistito all’infezione da coronavirus e sia invece stata verosimilmente condotta alla morte dalla somministrazione del vaccino che avrebbe dovuto salvarla”. Il figlio della vittima si chiede soprattutto “la ragione per cui nonostante l’infezione da Covid specificamente accertata con appositi esami il giorno 1° dicembre del 2010, si sia ugualmente proceduto alla vaccinazione di mia madre già il 15 gennaio 2021”.
Nell’esposto l’uomo fa espresso riferimento al fatto che “il ministero della Salute, Direzione generale della prevenzione sanitaria, in tema di vaccinazione di soggetti che hanno avuto una pregressa infezione da Covid, sia essa stata in maniera sintomatica o asintomatica, prescrive che la vaccinazione venga eseguita ad almeno tre mesi di distanza dalla documentata infezione e preferibilmente entro sei mesi dalla stessa”.
Ma nel caso specifico, sottolinea, “dalla documentata infezione di mia madre alla sommistrazione del vaccino non è trascorso nemmeno un mese”. Il figlio non punta il dito, ma vuole chiarezza sul decesso della mamma. “Onestamente – dice – non riesco a darmi pace” e chiede alla Procura di verificare le circostanze di quella morte. All’epoca l’autopsia non l’hanno disposta, ma la parola passa ora alla magistratura.