Per evitare il processo è finito ai servizi sociali. Come nelle precedenti indagini che lo hanno coinvolto, davanti alle accuse mosse dagli inquirenti Mario Borghezio ha negato tutto. Sorpreso da una dipendente dell’Archivio di Stato di Torino con alcuni documenti e accusato appunto di furto, ha affermato che voleva solo fare delle fotocopie.
Messo alle strette, per non dover varcare di nuovo la soglia di un tribunale e rischiare l’ennesima condanna, l’ex deputato ed ex eurodeputato leghista ha però alla fine chiesto e ottenuto la messa alla prova, svolgendo attività sociali, donando 1.500 euro e un lungo elenco di documenti privati di interesse storico all’Archivio di Stato e restituendo quelli prelevati tra il 2015 e il 2019. L’esponente del Carroccio ha presentato l’istanza tramite il suo legale, l’avvocato Mauro Anetrini, e il pubblico ministero torinese Francesco Pelosi ha dato l’ok.
Borghezio è già stato condannato in passato a pagare una multa per violenza privata su un venditore ambulante di 12 anni, di nazionalità marocchina, bloccato da lui fino all’arrivo dei carabinieri, per l’incendio appiccato, durante una manifestazione, a dei pagliericci di alcuni immigrati che dormivano sotto il ponte principessa Clotilde, a Torino, e per gli insulti razzisti rivolti all’ex ministra Cecile Kyenge. Per il furto dei documenti, invece, era stato indagato nel novembre 2019 e la Procura aveva ipotizzato un danno di circa 100mila euro.