Volodymyr Zelensky ripete da tempo che, per ottenere la vittoria e concludere la guerra contro la Russia, non c’è alternativa al continuo invio di armi e alla necessità di permettere l’adesione dell’Ucraina alla NATO. Un appello ribadito ancora una volta dal ministro degli Esteri ucraino, Andrii Sybiga, secondo cui “l’unica vera garanzia di sicurezza per l’Ucraina è l’adesione piena al Patto Atlantico”, in quanto rappresenta un “deterrente contro ulteriori aggressioni russe verso l’Ucraina e altri Stati”. Tuttavia, al di là delle dichiarazioni di facciata che i leader dei Paesi membri rilasciano con cadenza quasi quotidiana, la realtà dei fatti mostra un iter che sembra essersi inceppato.
Ad alimentare questa percezione sono state le parole del segretario generale della Nato, Mark Rutte, che, durante la conferenza stampa di apertura della due giorni di vertici del Patto Atlantico, ha dichiarato chiaramente: “Ora, più che parlare della futura adesione dell’Ucraina alla Nato, è opportuno concentrarsi sul fornire a Kiev gli aiuti militari di cui ha bisogno”. Queste affermazioni sembrano dimostrare che all’interno dell’Alleanza non c’è un parere unanime e che, evidentemente, qualche intoppo sta rallentando, se non bloccando, il processo.
Così, l’unica carta in mano all’Occidente, come chiarito dallo stesso Rutte, è continuare a fornire armi a Kiev per costringere l’amministrazione russa a sedersi al tavolo delle trattative da una posizione meno solida possibile. Del resto, lo stesso segretario generale ha spiegato che, a suo dire, “Putin non è interessato alla pace”, aggiungendo che lo zar “sta usando l’Ucraina come banco di prova per missili sperimentali” e per testare l’alleanza con la Corea del Nord “in questa guerra illegale”. Ha inoltre sottolineato che “l’Ucraina ha bisogno di meno idee su come organizzare il processo di pace e di più aiuti militari, affinché possa aprire eventuali negoziati da una posizione di forza”.
Doccia gelata per Zelensky: chiede l’adesione alla Nato per fermare la guerra, ma Rutte lo stoppa “prematuro, ora si deve pensare a fornire armi a Kiev”
Rutte, a conclusione della conferenza stampa di presentazione del meeting, ha dichiarato di aver avuto un colloquio con il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump, a Mar-a-Lago. Durante questa chiacchierata, sono state affrontate tre questioni principali: la necessità di aumentare la spesa per la difesa, poiché “non basterà spendere il 2% del PIL in armi”; l’urgenza di incrementare la produzione di armamenti, “perché sappiamo che russi, cinesi e nordcoreani lo stanno già facendo”; l’elaborazione di un “accordo di pace” che, secondo Rutte, “dovrà essere un buon accordo per l’Ucraina”, dato che “l’esito della guerra verrà osservato con attenzione in tutto il mondo”.
Parole a cui ha risposto Danilo Della Valle, europarlamentare del Movimento 5 Stelle, affermando che “il segretario generale della Nato getta benzina sul fuoco. Dopo due anni e mezzo di guerra in Ucraina e oltre 500 mila morti come si fa a dichiarare che non servono idee per la pace ma armi? Rutte dimostra di non avere a cuore la pace, ma gli interessi delle lobby per le armi e i loro lauti guadagni”.
La Russia non si ferma più
L’intento di Rutte, alla luce dell’imminente insediamento di Trump, appare chiaro: blindare il più possibile il supporto a Zelensky. Un appello preso molto seriamente anche in Italia, dove il governo di Giorgia Meloni sta lavorando, attraverso un decreto, al decimo pacchetto per l’invio di armi ed equipaggiamenti all’Ucraina, un intervento che dovrebbe coprire l’intero 2025. Questa decisione ha sollevato tensioni nel panorama politico italiano, con le opposizioni che chiedono un confronto in Aula. Il sostegno a Kiev vede in prima linea anche l’amministrazione di Joe Biden che, forse come ultimo atto del proprio governo, ha annunciato uno stanziamento aggiuntivo di 725 milioni di dollari.
Anche la Germania di Olaf Scholz, pur mantenendo – come l’Italia – il divieto di utilizzare armi sul territorio russo, ha approvato un nuovo pacchetto di aiuti militari. Tuttavia, questi sforzi rappresentano poco più che briciole rispetto alla richiesta dell’amministrazione Zelensky, che ha recentemente quantificato in oltre 16 miliardi di dollari gli aiuti necessari per resistere efficacemente. Questa cifra dimostra le crescenti difficoltà dell’esercito ucraino, che fatica a opporre resistenza e arretra su più fronti. Una situazione che Putin sembra voler sfruttare per infliggere un colpo decisivo prima dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca, intensificando i raid aerei.
Nelle ultime ore, sciami di droni hanno preso di mira infrastrutture critiche nelle regioni di Ternopil e Rivne, colpendo anche gli oblast di Kiev, Chernihiv, Vinnytsia, Khmelnytskyi, Zhytomyr, Sumy, Odessa, Mykolaiv e Dnipro. Parallelamente agli attacchi aerei, continua l’avanzata dell’esercito russo, con combattimenti sempre più cruenti che stanno mettendo in difficoltà crescente l’esercito di Zelensky al punto che, secondo tanti esperti, il collasso del fronte difensivo è solo questione di tempo.