Mentre la premier Giorgia Meloni dà fiato alle trombe della propaganda sull’Italia che cresce più delle altre nazioni europee, l’Istat riporta il governo con i piedi per terra.
L’Italia nel secondo trimestre di quest’anno è cresciuta solo dello 0,2% con i consumi delle famiglie che risultano stagnanti, quelli delle pubbliche amministrazioni che arrancano e gli investimenti che mostrano appena un leggero progresso.
I dati emergono dal quadro economico diffuso dall’istituto nazionale di statistica con la stima completa dei conti trimestrali. Una stima che conferma quanto anticipato a fine luglio per il dato congiunturale e per quello tendenziale – +0,9% la crescita del Pil rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno – ma che ha portato l’Istat a rivedere al ribasso le previsioni per la crescita acquisita per l’intero 2024, dallo 0,7% allo 0,6%.
Soffre il settore industriale: l’analisi dell’Istat
L’Istat spiega che la crescita del Pil è dovuta “in lieve parte alle componenti della domanda nazionale, grazie al contributo positivo per 0,1 punti percentuali sia dei consumi delle famiglie, sia degli investimenti e di quello negativo della spesa delle amministrazioni pubbliche per 0,1 punti” e ricorda che il secondo trimestre del 2024 ha avuto due giornate lavorative in meno del trimestre precedente e una in più rispetto a un anno prima.
Invece, più consistente è il contributo positivo fornito dalle variazioni delle scorte, pari a 0,4 punti percentuali, che contrasta quello negativo della domanda estera netta, che sottrae 0,3 punti alla crescita del Pil.
Riguardo al valore aggiunto, sono in crescita il settore dei servizi e in calo sia quelli dell’agricoltura, silvicoltura e pesca (-1,7%), sia quello industriale (-0,8%).
Assieme ai dettagli sul Pil sono arrivati anche quelli sui prezzi alla produzione dell’industria, cresciuti in termini congiunturali per il terzo mese consecutivo a luglio. Un rialzo dell’1,3% su base mensile trainato principalmente dall’aumento dei prezzi dei prodotti energetici e in particolare delle bollette elettriche: i costi della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata sul mercato interno sono infatti saliti del +6,7% rispetto a giugno.
Ristagnano i consumi: la denuncia delle associazioni dei consumatori
A spegnere gli entusiasmi del governo ci sono le associazioni dei consumatori. “I consumi finali nazionali risultano al palo rispetto al trimestre precedente, e addirittura in diminuzione dello 0,1% su base annua – spiega il Codacons- un segnale preoccupante che dimostra come la spesa delle famiglie sia ferma e non cresca, con ripercussioni a cascata per l’intera economia nazionale”.
Il presidente del Codacons Carlo Rienzi sottolinea che “dopo i maxi rincari che si sono abbattuti sulle vacanze estive e le nuove spese che attendono i consumatori in autunno, a partire da quelle per la scuola, ribadiamo l’invito al Governo a studiare misure specifiche tese a difendere il potere d’acquisto delle famiglie e sostenere i consumi, che sono il vero motore della nostra economia”.
Sulla stessa lunghezza d’onda l’Unc. La crescita dello 0,2% del Pil nel secondo trimestre è un “dato allarmante! Il Paese è fermo”, afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori secondo cui “i consumi, che rappresentano il 60% del Pil, forniscono un contributo nullo alla crescita”.
Secondo Dona è “inevitabile, quindi, che in queste condizione l’Italia cresca solo dello zero virgola. Urge una manovra che concentri le poche risorse disponibili ad aiutare le famiglie che faticano ad arrivare alla fine del mese, colpite più di tutte le altre dal caro vita. L’inflazione è ora relativamente bassa, ma il decollo dei prezzi del 2022 pesa ancora come un macigno sulle tasche degli italiani”, conclude il responsabile dell’Unc.