Capisco che Trump vuole ridisegnare gli equilibri mondiali e perciò tratta con la Russia, che Biden e l’Ue volevano invece relegare al ruolo di paria. Ma non capisco la posizione di Trump verso la Cina.
Luigi Bartoloni
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Gentile lettore, Trump, come al solito, gioca sui polveroni e sull’imprevedibilità, di cui poi profitta in termini negoziali. Sulla Cina ha detto sia bianco sia nero: ha messo nuovi dazi, benché più piccoli di quanto annunciato in campagna elettorale, ma poi l’altro giorno ha detto: “Su Taiwan non commento perché ho un grande rapporto col presidente Xi e voglio che i cinesi vengano qui a investire. Si vedono tante notizie, dicono che non vogliamo la Cina in America, ma non è vero, vogliamo che investa qui perché è un bene e porta tanti soldi”. Dice la verità? O è il solito polverone? Penso che anche l’America trumpiana, come quella di Biden, consideri la Cina “l’avversario”. Trump con le sue mosse conciliatorie vuole solo dividere Mosca da Pechino: divide et impera. Ma non riuscirà. Russia e Cina simul stabunt vel simul cadent, insieme resisteranno o insieme cadranno. Putin e Xi lo sanno bene, tanto che il consigliere del Cremlino Dimitrii Suslov, in un’intervista al Corriere della sera, dice: “Trump vuole rafforzare l’egemonia americana, minando la più forte istituzione anti-egemonica, i Brics. Questo va contro gli interessi russi. Non guasteremo i rapporti con Cina, Iran e Nord Corea. L’America rimane il nostro avversario. Non daremo via le relazioni che ci hanno assicurato la sopravvivenza negli ultimi tre anni. In nome di cosa, poi? Trump non sarà lì per sempre”. Chiaro, no?