La Sveglia

Dissenso vietato in Turchia con lo zampino di Musk

Elon Musk, il paladino autoproclamato della libertà di parola, ha deciso che il dissenso in Turchia merita di essere silenziato. X, la piattaforma che aveva promesso di essere un faro di libertà espressiva, ha sospeso diversi account di oppositori del regime di Recep Tayyip Erdoğan proprio nel momento in cui la repressione si intensifica.

Il pretesto? La solita narrazione della sicurezza nazionale. Dopo l’arresto di Ekrem İmamoğlu, principale rivale politico di Erdoğan, le proteste hanno invaso le piazze e le università turche. Gli account sospesi non erano altro che voci di attivisti che condividevano informazioni sui luoghi delle manifestazioni. Nessun contenuto violento, nessuna incitazione all’odio. Solo il diritto di informare e organizzarsi, quello che Musk diceva di voler difendere. Ma a quanto pare, la libertà di parola è un valore flessibile quando si tratta di proteggere il proprio business da un governo autoritario.

Già nel 2023, alla vigilia delle elezioni turche, X aveva accettato di limitare l’accesso a determinati contenuti per evitare di essere bloccato nel paese. La storia si ripete: meglio censurare che rischiare il blackout totale. E Musk, con la sua consueta spavalderia, giustifica il tutto come una scelta obbligata. Nel frattempo, il governo turco rafforza il controllo: arresti di massa, blocco dei social, accuse di incitamento all’odio per chiunque osi sfidare il potere. Musk, da buon libertario di convenienza, esegue senza battere ciglio. La sua piattaforma si piega alle richieste di Ankara. Non è libertà di espressione, è commercio. E in questo mercato, la verità è la prima merce sacrificabile.