Sono stati necessari mesi di scontri, litigi, accuse incrociate, scoop giornalistici, schede bianche, 17 votazioni andate a vuoto, ma alla fine, la Consulta, dopo 460 giorni, avrà i suoi quattro nuovi giudici. Tutti rigorosamente “marchiati” politicamente, a parte una “tecnica”.
Chi sono i nuovi giudici eletti dal Parlamento in seduta comune
Si tratta di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Palazzo Chigi, “padre” del premierato (che Giorgia Meloni voleva far eleggere con un blitz a ottobre 2023, andato in fumo a causa di una fuga di notizie), eletto con 500 voti, in rigorosa quota FdI. L’ex deputato e senatore di Forza Italia, Roberto Cassinelli (503 voti), fedelissimo di Antonio Tajani. Massimo Luciani, professore emerito di Diritto pubblico de La Sapienza di Roma, 505 voti, indicato dal Pd. E Maria Alessandra Sandulli, giurista e Ordinario a Roma Tre (502 voti), la tecnica.
A sbloccare la trattativa, la telefonata Meloni-Schlein
Una trattativa che ha rischiato di saltare fino alla mattina di ieri. Risolutiva per sbloccare la situazione, una telefonata tra la premier Meloni e la segretaria Pd Elly Schlein, così come, negli ultimi giorni, la presidente del Consiglio avrebbe sentito anche il leader M5s, Giuseppe Conte. Tra malumori e veti incrociati, l’ultimo ostacolo era stata scelta di quale Sandulli nominare: se Alessandra oppure la cognata Gabriella Palmieri Sandulli, avvocata generale dello Stato. Meloni avrebbe scelto la prima.
Lo sgarbo della Lega a Fratelli d’Italia
Tutti d’amore e d’accordo, quindi? Neanche per idea, perché la maggioranza esce da questa elezione ancora più a pezzi di come vi era entrata. Lo dimostra il fatto che l’uomo di Giorgia, Marini, è stato il candidato meno votato del quartetto. I sospetti dei meloniani sono tutti rivolti verso la Lega (un altro dei tanti fronti di tensione con il Carroccio).
Forza Itala si spacca e Tajani va contro la “Sacra Famiglia”
Ma forse a uscirne più lacerata è Forza Italia: Cassinelli, infatti, non era la prima scelta, sebbene vantasse un credito (non era stato messo in lista alle ultime politiche). Il nome comunicato mercoledì sera alle opposizioni era stato infatti quello di Gennaro Terracciano, avvocato e prorettore dell’Università del Foro Italico. Ma su di lui è arrivato il veto del senatore (e proprietario della Lazio) Claudio Lotito, per la sua prossimità al presidente della Figc, Gabriele Gravina.
Tra i papabili c’era anche un ex avvocato di Silvio Berlusconi, Andrea Di Porto, “caldeggiato” da Fininvest, quindi dalla “sacra famiglia”. Ma la scelta alla fine l’ha fatta il segretario Tajani, che ieri ha negato ogni malumore tra le sue truppe. “Non c’è mai stato un problema dentro Forza Italia: che ci fossero legittime aspirazioni sì, ma non abbiamo mai litigato, abbiamo sempre detto fin dall’inizio che c’era un accordo di tutti i partiti di non mettere parlamentari in carica”, ha spiegato ai giornalisti in Transatlantico.
Masticano amaro Sisto e Zanettin
Il riferimento è a Francesco Paolo Sisto e Pierantonio Zanettin, entrambi senatori, che fino a qualche settimana fa parevano in corsa. La scelta di escluderli a priori non sarebbe tuttavia stata gradita a una fronda del partito che, non a caso nel segreto dell’urna ha dato all’uno e all’altro rispettivamente 4 e 6 voti. “Se ci fosse stato il presidente avremmo indicato uno dei due”, si lamentava in un capannello un parlamentare.
Pro Vita invoca subito una Corte conservatrice e ultracattolica
A elezione appena conclusa, tra i vari auguri di rito, è arrivato anche quello di Pro Vita & Famiglia, che ha messo in chiaro ciò che gli ultra cattolici di destra si aspettano dalla nuova Corte Costituzionale. “Auguriamo buon lavoro ai neoeletti e speriamo che possano contribuire a inaugurare una stagione di reale imparzialità, da parte della Consulta, specialmente sul fronte dei temi etici”, ha dichiarato il presidente, Antonio Brandi.
“In passato, infatti, la Corte Costituzionale ha assunto decisioni chiaramente lesive dell’autonomia parlamentare su temi divisivi come la procreazione artificiale, l’identità di genere, le unioni omosessuali e il fine vita, aprendo la strada al baratro eutanasico con l’assurda sentenza del 2019 che ha depenalizzato il suicidio assistito in presenza di certe circostanze del tutto arbitrarie. Speriamo che con la nuova composizione la Corte abbandoni la tentazione di interferire nuovamente col processo ordinario di formazione delle leggi”, ha aggiunto.