Immaginate quante cose si sarebbero potute fare con 247 milioni di euro a disposizione. E invece non abbiamo potuto utilizzare tale cifra, che è andata dritta dritta nelle casse dell’Unione europea. Tutto a causa della negligenza squisitamente italiota riguardo alla gestione delle discariche abusive. Questa, infatti, è la cifra che emerge dall’ultimo rapporto appena consegnato in Parlamento relativo proprio alla “bonifica dei siti di discarica abusivi oggetto della sentenza della Corte di Giustizia Ue del 2 dicembre 2014”.
Si tratta di un procedimento in realtà avviato addirittura nel 2007 ma, vista l’assoluta noncuranza del nostro Stato, giunto a sentenza solo a fine 2014: la Corte in quell’occasione ci ha condannato al pagamento di una sanzione forfettaria di 40 milioni di euro (versata il primo febbraio 2015) e di una penalità semestrale di 200mila euro per ciascuna discarica abusiva contenente rifiuti non pericolosi e di 400mila euro per ciascuna discarica di rifiuti pericolosi che nel tempo si fosse mantenuta. Tutti penserebbero che allora il nostro Paese sia immediatamente corso ai ripari per chiudere in men che non si dica le discariche abusive. Peccato non sia andata proprio così.
Se al tempo della condanna le discariche, presenti da Nord a Sud, erano 200, oggi ne restano “in piedi” ancora 55. E così nel frattempo, stando all’ultimo corposo report del commissario governativo che si occupa delle bonifiche dei siti contaminati, siamo arrivati a pagare 247 milioni, cui dobbiamo aggiungere il pagamento di ulteriori 14,2 milioni già sanzionati ma che il nostro Paese deve ancora versare nelle casse comunitarie.
Ma non è tutto. Nel corposo report, infatti, sono specificate anche le difficoltà per cui ben 55 siti risultano ancora da chiudere definitivamente. La situazione più critica è senz’altro quella calabrese, sia “per numero di discariche da bonificare” (20) sia “per l’approccio con territori caratterizzati da importanti interessi legati alla ‘ndrangheta”. Non solo: “Alcune circostanze – spiega il Governo – sono risultate particolarmente critiche anche dal punto di vista ambientale, tenuto conto della loro collocazione in zone dì pregiato valore paesaggistico”. Situazione analoga anche in Campania, dove i ritardi accumulati per le bonifiche o per la messa in sicurezza del territorio sono legati “a problematiche inerenti l’inserimento in white list delle società che hanno partecipato ai bandi”.
Insomma, dove abbondano i rifiuti pare proprio che lo Stato per troppo tempo abbia latito facendo così il gioco delle mafie. In altri casi, invece, a spiccare è l’assoluta negligenza delle istituzioni. L’esempio più eclatante è quello laziale: la maggior parte dei siti di discarica affidati al Commissario si trovano nel territorio di Frosinone ma vi è anche un sito nel Viterbese (Oriolo Romano) ed uno nella provincia di Roma (Riano). E proprio in qui sono stati rinvenuti fusti di origine industriale.
Cos’è stato fatto allota in questi anni? Poco e nulla: “Il Lazio pur non presentando notevoli criticità – conclude il commissario governativo – sembra che in alcuni casi non si sia proceduto con gli interventi previsti o con le ‘operazioni decisive’ al fine di provvedere alle bonifiche o messe in sicurezza”. Non poteva poi mancare il Nord con il Veneto, dove si assiste ad una delle situazioni maggiormente critiche: delle sei discariche contaminate, infatti, tre contengono soltanto pericolosi rifiuti industriali.