I tragici numeri che hanno colpito i comuni bergamaschi di Alzano Lombardo e Nembro hanno fatto interrogare molti sul perché non sia stata istituita alcuna zona rossa in quei territori. Abbiamo assistito nei giorni scorsi a un continuo e incessante rimpallo di responsabilità tra Palazzo Chigi e Regione Lombardia. C’è chi, però, ritiene che, al di là delle responsabilità istituzionali, ci siano anche altre colpe che sono rimaste finora sottotraccia.
“Sono convinto, e lo sarò sempre, che al 99% la colpa è di Confindustria”. A dirlo a La Notizia è il consigliere regionale del Movimento cinque stelle Dino Alberti. Alberti non è certo uno che ha timore di dire chiaramente ciò che pensa. Anche perché, da bresciano, ha vissuto la terribile emergenza coronavirus in primissimo piano. “È vero che il decisore politico dovrebbe essere sempre libero – argomenta ancora Alberti – ma è anche vero che in una situazione di emergenza quello che ti dicono organizzazioni o stakeholder ricopre un rilievo spesso importante”.
E quindi cos’è accaduto secondo lei?
Che alla fine ci si è fidati e affidati troppo. Né deve stupire: Confindustria come sempre porta i suoi interessi e l’ha fatto anche sul territorio lombardo. In un periodo in cui io decisore politico non so che pesci prendere, finisco col dar retta a organizzazioni di peso com’è Confindustria, anche se mi dice che l’emergenza economica rischia di essere più pesante di quella sanitaria e dunque è meglio non istituire alcuna zona rossa. E abbiamo visto questa scelta a cosa ha portato.
I numeri sono tragici.
Ma la vera assurdità sa qual è?
Mi dica.
Che dopo 10mila morti ancora c’è qualcuno che è convinto di quella idea lì, che è stato giusto non istituire alcuna zona rossa e che bisogna ripartire subito, immediatamente.
A chi si riferisce?
Sempre a Confindustria, che dopo un mese è ancora convinta delle sue scelte e delle sue idee. Mi viene da chiedere: ma gli industriali in questo mese su quale pianeta hanno vissuto?
Mi par di capire che lei non è assolutamente d’accordo alla ripartenza immediata dell’economia.
Glielo dico molto chiaramente: chi dice che bisogna ripartire subito, bestemmia, è da Tso immediato. Lei sa quante mail riceviamo noi consiglieri di lavoratori che denunciano condizioni di sicurezza pessime?
Quante?
Decine e decine al giorno. E parliamo sia del piccolo negoziante senza dispositivi di protezione che di grande aziende. Perciò quando Confindustria racconta che le aziende sono luoghi ultra-sicuri, racconta una favola.
Resta però il fatto che a livello istituzionale qualcuno ha recepito le pressioni di Confindustria: di chi è la colpa?
Non c’è ombra di dubbio che sia della Regione Lombardia. È vero, avrebbe potuto farlo anche Conte con un dpcm. Ma come tutti sanno, il presidente del Consiglio prima di prendere qualsiasi iniziativa sentiva le Regioni. E perché allora Fontana non ha detto nulla su Nembro e Alzano lombardo?
La responsabilità, dunque, è solo di Fontana?
Assolutamente: è Fontana che dovrebbe stare sul territorio e conoscerlo, non Conte. È lui che diceva “prima i lombardi”. E che ha fatto poi per difendere i lombardi? Nulla.
Resta, però, la domanda: come se ne esce per ripartire?
Il Movimento 5 stelle lombardo ha pensato a questo. Servono due cose fondamentali: controlli e protocolli.
Cioè?
Innanzitutto occorrono controlli a tappeto su ogni singola azienda e lavoratore tramite l’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Questa proposta è stata avanzata anche a livello nazionale dal deputato Claudio Cominardi, noi l’abbiamo ripresa e presenteremo un atto in Regione la prossima settimana.
E poi ci sono i protocolli…
Esatto. Bisogna creare protocolli con le parti sociali e le varie organizzazioni per sostenere l’imprenditore che sì vuole riaprire ma spesso non sa quali regole seguire per farlo in sicurezza. E queste sono cose su cui non solo le istituzioni ma anche le associazioni di categoria devono muoversi.
Non crede lo stiano facendo?
Non sempre. Bisogna capire che col coronavirus dobbiamo convivere. Tutti devono darsi da fare. Ma purtroppo c’è un problema di rappresentanza, anche nel mondo del lavoro e dell’imprenditoria.