Ci hanno messo sei mesi. Sei mesi dopo la piattaforma online della Regione Emilia-Romagna attraverso cui famiglie e aziende possono chiedere i rimborsi per i danni subiti a causa delle alluvioni del maggio 2023. La piattaforma si chiama Sfinge alluvione 2023, è accessibile dal link alluvione2023.regione.emilia-romagna.it ed è una versione aggiornata di un portale analogo che era stato creato nel 2012 per i danni causati dal terremoto in Emilia. Sei mesi dopo le immagini di Giorgia Meloni con gli stivali che accarezzava gli alluvionati si comincia a parlare finalmente di rimborsi. Il 16 Maggio scorso l’alluvione in Emilia-Romagna con enormi danni alle infrastrutture, all’agricoltura, alle vie di collegamento con isolamento dei borghi appenninici. In Emilia-Romagna il dato delle 80mila frane censite è ormai largamente superato dopo l’alluvione in Romagna e i suoi Comuni sono largamente interessati da aree a rischio idrogeologico.
Emilia-Romagna, i ristori dell’alluvione alle calende greche
“Come impatti sul territorio probabilmente è l’effetto alluvionale più grave almeno degli ultimi 100 anni. Come estensione delle aree interessate e quantità di precipitazione, così come per danni su più province, è qualcosa di devastante, gravissimo”, sottolinea Pierluigi Randi, presidente dell’Ampro (Associazione meteo professionisti). “Un disastro annunciato, ma abbiamo ignorato i segnali”, ha commentato il meteorologo, Luca Mercalli. Le promesse si sprecarono, prima tra tutte i “fondi che arriveranno presto”. In mezzo c’è stata la guerra senza quartiere contro il presidente della regione Stefano Bonaccini che secondo il governo era troppo del Pd per essere credibile come commissario, nonostante la prassi nella storia d’Italia fosse quella di affidare il ruolo di coordinatore dell’emergenza e della ricostruzione agli amministratori del territorio.
Sei mesi dopo l’unico risultato, a osservare bene, è politico: avere fatto fuori un odiato presidente di un partito avversario sostituendolo con il generale Francesco Paolo Figliuolo. Da lì in poi soldi non se ne sono visti ma sono aumentate le polemiche, fino a quelle di pochi giorni fa, quando il valente commissario ha pensato bene di scusare i sindaci delle zone colpite di “lamentarsi e non fare”, provocando un putiferio.
Figliuolo ha provato quindi a metterci una pezza. No, non ci è riuscito. “Io voglio lavorare assieme in maniera positiva. Questo è il mio mandato, sono abituato così. Se si fa squadra si vince, se non si fa squadra si rischia di non raggiungere gli obiettivi”, ha detto il generale nel suo tour bolognese dopo quella che ha definito “un’ottima riunione operativa” per sviscerare “i temi sulla ricostruzione pubblica e privata”. Nel frattempo dal governo si sovrapponevano le voci sui ristori che erano già stati decretati. Ma di soldi non se ne sono visti. I comunicati sono tutti simili.
Federconsumatori – solo per dirne uno – qualche settimana fa scriveva: “Risorse indispensabili per le famiglie, per le aziende e per la messa in sicurezza del territorio. Non sono comprensibili né giustificabili lungaggini e rinvii: i fondi vanno stanziati ora. Ogni giorno di ritardo comporta un aggravamento della situazione nelle zone colpite in termini di mancata ripartenza delle attività produttive, impossibilità per i cittadini di rientrare nelle proprie case, strade e infrastrutture ancora dissestate dopo più di quattro mesi dall’evento. Il comportamento del Governo è inaccettabile”.
Alla buon’ora
Sei mesi dopo è arrivata la piattaforma per richiedere i soldi. Sei mesi in cui i partiti di maggioranza hanno ripetuto in ogni dove che i soldi c’erano e che qualsiasi lamento fosse solo una strumentalizzazione politica. E la foto di Giorgia Meloni con gli stivali nel fango è già ingiallita.