Ancora lontana purtroppo dal voltare pagina e lasciarsi l’incubo Coronavirus alle spalle la Regione che più di ogni altra ha pagato un tributo altissimo in termini di vite umane: in Lombardia continua a preoccupare il trend in rialzo, con un aumento di 252 unità del numero dei contagiati (oltre il 66% dei nuovi positivi riscontrati in tutta Italia) e altre 25 persone decedute (su un totale a livello nazionale di 53).
Questi i dati divulgati ieri dalla Protezione civile, lo stesso giorno in cui la pm di Bergamo Maria Cristina Rota raccoglieva a Palazzo Chigi la deposizione di Giuseppe Conte nell’inchiesta sulla mancata istituzione della zona rossa ad Alzano Lombardo e Nembro, nel Bergamasco. Dopo aver ascoltato la versione del governatore della Lombardia Attilio Fontana e quella dell’assessore al Welfare Giulio Gallera, è stata dunque la volta del premier che ha ribadito come la Regione Lombardia avesse gli strumenti tecnici per agire in autonomia come hanno fatto altre regioni senza che da Roma fosse impedito alcunché, ma non ha mai presentato una richiesta formale, nonostante il fatto che il 27 febbraio sia proprio Gallera ad affermare di “guardare con attenzione alla zona di Alzano Lombardo” ma escludendo l’ipotesi di introdurre nuove zone rosse.
E, soprattutto, nonostante qualche giorno dopo, il 3 marzo, l’Iss e il Comitato tecnico scientifico avessero suggerito a lui e al suo direttore generale Luigi Cajazzo che sarebbe stata necessaria la chiusura di quei territori. Quest’ultimo è stato destituito dal suo incarico qualche giorno fa, ma è un tecnico mentre, come ha ribadito anche ieri nel corso di Agorà il direttore del Consiglio superiore di sanità Franco Locatelli “gli esperti avevano segnalato tutto per tempo, ha scelto la politica”. La politica, appunto. Che in questo caso ha un nome ed un cognome. E non è quello del leghista Fontana, che in questo momento Matteo Salvini non può permettersi di scarificare, in primis perché lo stesso segretario federale ci ha messo la faccia sulla gestione lombarda dell’emergenza insieme al suo governatore e poi perché perdere una regione importante come la Lombardia sarebbe deleterio in termini di consensi nel Paese (già in pesante calo) e alla luce del fatto che le regionali di settembre segneranno probabilmente una vittoria netta di Zaia (che però sta giocando una sua personale partita) ma una débâcle in altre regioni in cui il candidato a governatore sarà un esponente del Carroccio (vedi Toscana).
A pagare il conto sarà dunque, con ogni evenienza, il forzista Giulio Gallera. Che, per carità, con il suo protagonismo e le innumerevole di gaffes inanellate in questi mesi ci ha messo del suo. Tanto che, anche il sindaco di Milano, Beppe Sala, ha fornito ieri un bell’assist ai leghisti: “Che voto si merita la Regione Lombardia nella gestione dell’emergenza? Un voto insufficiente. Ora hanno rimosso Cajazzo, che è persona a posto e in buona fede, ma non mi pare avesse l’esperienza settoriale per gestire una situazione così difficile. L’assessore Gallera è in politica da una vita, ma si è trovato a gestire una situazione più grande di lui. Ha fatto una serie di errori. Ho l’impressione che nella fase iniziale si sia montato un po’ la testa”. Più chiaro di così…