Il rischio concreto è che anche questa volta, esattamente come accaduto nella scorsa legislatura, dello Ius soli non se ne faccia nulla. E non tanto, come qualcuno potrebbe pensare, per le pur evidenti frizioni a riguardo tra Pd e Movimento cinque stelle, quanto invece per la presenza di partiti in maggioranza che, chi più chi meno, in realtà non vogliono la legge. E dunque il destino è che alla fine lo Ius soli prenda la stessa strada del disegno di legge Zan.
È questo il rischio che corre la battaglia per garantire la cittadinanza a chi è nato in Italia, fortemente voluta dal Pd che potrebbe farne la sua nuova bandiera. Ma come per l’omotransfobia, sventola su un terreno minato per le forze di maggioranza. Enrico Letta lo sa, ma insiste e lancia la sfida: “Il Pd sarà all’avanguardia e si farà portabandiera di questa battaglia in Parlamento. E lì, sono sicuro, troverà consensi e alleati per renderla effettivamente una legge”, ha detto ieri al Corriere della sera.
Il punto però è che sono tanti i contrari. Contro lo Ius soli resta alto il muro del centrodestra. Oltre all’arci-noto ‘no’ della Lega e di Matteo Salvini, è nettissima Giorgia Meloni: “Non esiste alcun margine di trattativa su questa proposta insensata”, gela la leader di Fratelli d’Italia. Ma dubbi serpeggiano anche fra i 5 Stelle che restano ambigui e più orientati allo Ius culturae (la cittadinanza ai figli di stranieri che concludono un percorso di studi in Italia) anziché a spingere per il classico Ius soli. Non mancano gli scettici perfino nel Pd, memori della fatica fatta per portare in Aula il ddl Zan, oltre al rischio dei franchi tiratori nel voto segreto del provvedimento che è fermo al Senato per la pausa estiva.
“Sul provvedimento però – rassicura un senatore pentastellato – alla fine la quadra la si potrebbe trovare, magari con lo ‘ius scholae’ come vorrebbe Giuseppe Brescia”. Ipotesi assolutamente plausibile. E allora qual è il problema? In realtà nasce al di fuori di Pd e Movimento. E risponde al nome di Italia viva. Anche ieri Matteo Renzi ha affrontato la questione non risparmiando le solite bordate anti-cinque stelle. Lo Ius culturae, ha detto, “era un testo già approvato alla Camera nel 2015 quando ero al governo. Altri lo hanno bloccato nel 2017”.
E punzecchia: “È uno dei terreni dove vediamo le profonde differenze tra Pd e M5S. Io dico: Enrico (Letta, ndr) noi ci siamo ma sei sicuro che non sia una battaglia ideologica? È inutile che tu attacchi Salvini quando la Taverna su questi temi parla come lui! Il problema non è con Iv su questo ma con i Cinquestelle”.
Insomma, non ha senso attaccare chi dice “no”, ma chi apre a un dibattito. Discorso assolutamente insensato, ma tant’è. D’altronde che anche Renzi voglia giocare al ribasso (cosa che fa piuttosto comodo alla Lega) è evidente anche dalle parole della ministra della Famiglia, Elena Bonetti: “La legge sulla cittadinanza non diventi una bandierina per le amministrative né a destra né a sinistra”. Che è come dire: raccogliamo il risultato possibile, qualunque esso sia. Cioè il peggiore.
L’ENDORSEMENT. Mentre dunque c’è chi prova a distruggere, c’è chi invece fornisce dati oggettivi e ben evidenti che dovrebbero invitare a riflettere. Secondo gli economisti del Fondo Monetario Internazionale lo Ius soli porta enormi benefici anche in campo economico. Si tratta, infatti, di uno strumento di convivenza civile e di riconoscimento di diritti che favorisce la crescita. “Esclude certi cittadini può in casi estremi portare a seri conflitti e danneggiare l’economia”. Essere inclusivi, insomma, conviene.