Incurante del disastro umanitario sulle nostre coste, del fallimento del memorandum con la Tunisia e della catastrofe sulle coste e nel Mediterraneo Giorgia Meloni ha deciso di prendersi un pomeriggio di scampagnata sovranista nell’Ungheria di Viktor Orbán, uno dei principali attori della politica internazionale in Europa. Innamorata di chiunque la elogi, Meloni incassa da Orbán i complimenti “per la vittoria italiana” di un anno fa, in clima di festa permanente dimenticandosi di governare.
Così ieri al summit sulla famiglia e la demografia di Budapest (un ritrovo di ultraconservatori che ancora non si accorgono di essere fuori dal tempo) la presidente del Consiglio e leader dei Conservatori europei sfoggia tutto l’armamentario per le occasioni sovraniste in un intervento di quasi mezz’ora in cui si lancia in una delle sue solite battaglie immaginarie: “Alcuni anni fa – dice Meloni – sono diventata un po’ più popolare durante un discorso. Ho detto: ‘Sono Giorgia, sono una madre, sono una donna, sono italiana e cristiana. Non me lo potete togliere’. Qualcuno l’ha messo in musica. Era un modo per attaccarmi. Non ha funzionato. Gli avversari non hanno capito quante fossero le persone che hanno ritenuto quelle parole buone. Quello che volevo dire con quelle parole è che viviamo in un’epoca in cui tutto ciò che ci definisce è sotto attacco”.
La premier Meloni trova la forza di governare guardando la figlia. Ma dai nidi ai congedi per i figli degli altri ha fatto ben poco
Eccolo qui il vittimismo della destra che governa, che occupa ogni posto disponibile e che imperversa su giornali e televisioni eppure immagina un’egemonia culturale di altri. Novella Giovanna d’Arco Meloni si lancia in battaglia per difendere “la famiglia e Dio”, calando la carta della maternità nel consueto gioco di mischiare pubblico, politico e privato per poi lagnarsene quando le ritorna indietro: “Sono diventata più forte quando mia figlia è nata – dice Meloni al Budapest Demographic summit -. E quando sono stanca e penso ‘mi arrendo, questa non è vita’, la guardo e so che sto facendo qualcosa per lei. I figli rendono le donne più forti, anche nel loro ambiente di lavoro”.
Un’epica narrativa che respinge con forza il deputato del Pd, Alessandro Zan, responsabile diritti nella segreteria dem che sottolinea come la presidente del Consiglio si erga “a paladina della famiglia, quando non ha fatto nulla su nidi, congedi paritari, occupazione femminile, caregiver. Si è occupata di famiglie solo per togliere diritti a quelle arcobaleno, iniziando una vera e propria persecuzione, in pieno stile Orbán”. La questione dei migranti a Budapest è solo l’occasione per accarezzare da lontano la solita panzana della “sostituzione etnica”, con Meloni che ripesca la retorica dell’estrema destra per scagliarsi contro “chi dice che l’immigrazione porta un contributo in termini di welfare che altrimenti non potremmo più offrire”.
È lo stesso concetto del cognato e ministro Lollobrigida, semplicemente raccontato in modo più accorto. “Parlare di politiche per ‘difendere Dio’ evoca epoche buie in cui nel nome di dio sono state commesse le peggiori atrocità”, ricorda Marco Cappato, mentre il deputato di +Europa Della Vedova parla di una “Meloni ostaggio di Polonia e Ungheria”. Meloni e Orbán, “si sono impegnati ad una stretta collaborazione tra i rispettivi governi in vista della presidenza ungherese del Consiglio dell’Unione europea nel secondo semestre del 2024”, si legge in una nota di Palazzo Chigi. Poi oggi Meloni indosserà il costume della moderata europeista e si scandalizzerà perché non la prende nessuno sul serio.