Immaginiamo 180 km di carta, tra fascicoli, documenti e faldoni. In pratica quasi quanto la distanza tra Roma e Napoli. E poi immaginiamo una montagna di scatoloni – oltre 463mila – entro cui sistemare tutte quelle scartoffie. Ed ecco che abbiamo, ancora una volta, la prova del fallimento del processo di digitalizzazione della pubblica amministrazione che continua ad accumulare incredibili ritardi sulla tabella di marcia, con tutto quello che ne consegue, a cominciare dallo spreco di denaro pubblico. L’ultimo tragicomico episodio arriva dritto dritto dall’Inail, l’Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro. Solo due giorni fa, infatti, una Rti (rete di impresa) formata da due società che spesso e volentieri lavorano con gli enti pubblici, Italarchivi srl e Plurima spa, si è visto aggiudicare un succulento appalto relativo, appunto, al “servizio di gestione degli archivi cartacei dell’Inail”. Parliamo, in pratica, del servizio di trasporto e presa in carico iniziale della documentazione archiviata, del ritiro e presa in carico di nuovo materiale da archiviare, della classificazione, della consulenza archivistica e, infine, anche dello “scarto e macero” di una piccola percentuale dell’immenso malloppo. Un lavorone, certo, considerando l’incredibile mole di carta da conservare e sistemare. Ma ben pagato: l’importo a base d’asta, infatti, tocca i 15,3 milioni di euro. Mica bruscolini, insomma.
A questo punto, però, addentriamoci nel capitolato tecnico. Perchè è qui che la cosa si fa ancora più interessante. Per dire: solo la Direzione Generale avrà bisogno di 24.675 scatole per dare una sisstemata ai 37.477 faldoni. Che dire, poi, dei tre depositi di cui gode l’Inail (uno a Roma, uno a Fiano Romano e l’altro a Rutigliano). Solo di pratiche relative a infortuni e rimborsi, parliamo di qualcosa come 18 milioni 682 mila fascicoli per i quali occorreranno 304mila scatole. Ma il paradosso sta proprio qui: tutti questi fascicoli appartengono all’accumulato fino al 2001. Da allora, infatti, l’Inail ha previsto un sistema più “agevole” che permette una conservazione più misurata di carta e atti. Dal 2001 in poi, infatti le cosiddette “buste di scansione giornaliera” (in pratica la scansione di tutto quanto fatto giorno per giorno), amontano a 227.296, per le quali basteranno “soltanto” 30.566 scatole.
ARCHIVI D’ORO – Ma questo, come detto, non è che un esempio (l’ultimo) di una serie infinita. Prendiamo gli archivi di Stato: immobili pieni di documenti e atti di ogni tipo, alcuni vecchi anche di 60 anni. Pile e pile di fascicoli che occupano una superficie complessiva di 137mila metri quadrati. Ed ecco che le spese lievitano a dismisura. E in quest’ultimo caso non solo per la gestione degli archivi. Come LaNotizia ha già documentato, infatti, per gli archivi di Stato ci si avvale non solo di immobili di proprietà, ma anche di alcuni (ben 287) per cui paghiamo un affitto, spendendo in totale qualcosa come 4,8 milioni di euro all’anno. Insomma, è vero: verba volant, scripta manent. Ma costa. E tanto.
Tw: @CarmineGazzanni