Se non fosse tutto vero ci sarebbe da ridere. Ieri, infatti, si è conclusa con una condanna la vicenda giudiziaria con protagonista Andrea Crippa, deputato vicinissimo a Matteo Salvini e vicesegretario della Lega, che lo vedeva contrapposto, in sede civile, al Museo Egizio di Torino per un video, pubblicato sui social, in cui criticava la struttura per gli sconti ai visitatori arabi. Un filmato immediatamente diventato virale che costerà caro al deputato perché, come disposto dalla sezione civile del Tribunale di Torino, dovrà risarcire 15mila euro di danni non patrimoniali causati alla struttura e, ironia della sorte, rimuovere il contenuto dai suoi social.
Detta così la vicenda appare già sufficientemente assurda ma c’è di più. Già perché a rendere questa storia ancor più grottesca è quanto si legge nella sentenza del giudice Valeria Di Donato secondo cui nel video “Crippa ha finto di fare una telefonata in vivavoce al museo Egizio per ottenere informazioni su eventuali agevolazioni in corso e, alla risposta del finto centralinista, ha criticato in maniera polemica la promozione a favore degli arabi che avrebbe realizzato una discriminazione ‘a rovescio’”. Un montaggio, secondo i giudici, che in poche ore ottenne milioni di visualizzazioni, alimentando i messaggi offensivi e razzisti nei confronti del museo sui social. Insomma un video falso, costruito ad arte per gettare fango sul Museo Egizio reo di aver realizzato quella che è una pura e semplice campagna pubblicitaria per far arrivare più turisti.
VICENDA SURREALE. Questa storia davvero sui generis, per non dire incredibile, risale al 17 gennaio 2018 quando Crippa, letteralmente in rampa di lancio nella politica che conta, rivestiva sia il ruolo di leader del Movimento dei Giovani Padani che quello di assistente a Bruxelles di Salvini. Forse per farsi pubblicità o comunque per guadagnare qualche like, almeno secondo quanto emerge da questa incredibile sentenza, l’attuale vicesegretario della Lega decise di puntare il dito contro il Museo Egizio che, proprio in quel periodo, lanciava una campagna di sconti per attirare i facoltosi clienti arabi. Nulla di eclatante o di strano, del resto pratiche simili sono comuni nei musei, perché l’offerta consisteva nel permettere a due turisti di entrare con un solo biglietto. Insomma una campagna come tante se ne vedono.
Eppure a Crippa tutto ciò deve aver dato parecchio fastidio tanto che prese la briga di acchiappare il proprio smartphone, mettere il vivavoce e registrare una presunta chiamata con l’ente museale in cui chiedeva lumi sulla promozione in corso. Una gag, purtroppo spacciata per realtà, che all’altro capo del telefono vedeva un finto operatore del Museo a cui Crippa muoveva le sue accese rimostranze. Il filmato fake poi finiva su Facebook, in un post dal titolo “Al Museo Egizio ingressi gratuiti. E gli italiani? Pagano?”, diventando immediatamente virale.
Ma i guai per la struttura non finivano qui perché nel post Crippa non solo chiedeva agli internauti di protestare ma forniva anche il numero di telefono del museo i cui uffici, per giorni, venivano tempestati di telefonate con tanto di insulti e minacce ai dipendenti. Una vicenda approdata anche all’attenzione della Procura di Torino ma che, differentemente da quanto accaduto in sede civile, si avvia verso l’archiviazione del procedimento che ha preso le mosse dalla denuncia presentata dai legali della Fondazione del Museo Egizio.
Riceviamo e pubblichiamo
Con sentenza n. 727/2021 del 22 giugno 2021, la Corte d’Appello di Torino ha integralmente riformato la precedente sentenza che aveva condannato l’On.le Crippa al risarcimento danni in favore del Museo delle Antichità Egizie di Torino. L’On.le Andrea Crippa, pertanto, ha vinto la causa contro il Museo delle Antichità Egizie di Torino. La sentenza della Corte d’Appello di Torino, ispirandosi ai principi costituzionali posti a tutela del diritto di critica politica, ha – a chiare lettere – riconosciuto che l’On.le Crippa ha “legittimamente esercitato il proprio diritto di criticare l’iniziativa di un’importante e prestigiosa agenzia culturale cittadina avente, proprio per questo, un oggettivo impatto sociale e lato sensu politico”. La stessa sentenza ha precisato che “la conversazione telefonica non aveva in alcun modo alterato e perniciosamente compromesso la verità oggettiva del messaggio”. Con dovizia di motivazione, la sentenza ha altresì riconosciuto che il linguaggio utilizzato dall’On.le Crippa è stato “di certo mai offensivo, ingiurioso e turpiloquiale …, nel legittimo esercizio del diritto di critica politica”, condividendo la precedente decisione del GIP di Torino, che, nell’archiviare il procedimento penale sollecitato dal Museo, ha negato che la condotta dell’On.le Crippa “sia mai trasbordata nell’offesa “personale” e gratuita ai danni dell’opponente Fondazione”, affermando, anzi, che l’On.le Crippa ha portato avanti la propria iniziativa “senza mai superare il perimetro dell’esercizio del diritto di critica”.