Si discute molto dell’ammutinamento di Prigozhin in Russia. Paolo Di Mizio, giornalista e scrittore, che cos’è successo?
“Credo che sia stato un grosso bluff di Prigozhin. Un bluff che questo uomo, il quale ha un passato molto burrascoso, ha messo in atto per un motivo ben preciso ossia che dal primo luglio, per via di un decreto del ministero della Difesa, la Wagner sarebbe stata sciolta e accorpata nell’esercito. Un provvedimento che si è reso necessario perché la Wagner, un’organizzazione privata, operava all’estero e quindi non presentava problemi di natura legale mentre ora si trova ad agire nel Donbass, regione riconosciuta come territorio russo, che cambia le carte in tavola in quanto l’uso di milizie private all’interno dei confini di Mosca è contrario alla Costituzione. Evidentemente Prigozhin ha attuato questa specie di colpo di mano per ottenere la revoca del decreto che non c’è stata. Ad ogni modo è chiaro che si è trattato di un bluff perché con 25mila uomini, quelli di cui dispone Prigozhin, non si può fare granché e in caso di scontro sarebbero stati annientati dalle forze di Putin. Ed è chiaro che Putin ha dato l’ordine di non colpire la Wagner per evitare uno spargimento di sangue tra russi”.
Se la sente di escludere che questa mossa sia stata concordata magari per permettere a Putin di rinviare le elezioni?
“Gira parecchio questa ipotesi ma lo escluderei. Questo perché Putin ha subito un danno di immagine notevole visto che viene inficiata la sua figura di uomo forte al comando e perché viene colpito il prestigio della Russia all’estero. Tra l’altro nel momento in cui la Russia cerca alleati e li sta trovando perché l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi, l’Egitto e tanti altri Paesi, hanno chiesto di aderire ai Brics partecipando a una versione del mondo multipolare che viene osteggiata dagli Usa. Ma ora questi Paesi potrebbero tirarsi indietro. Tutte ragioni per le quali queste voci di accordi sotto banco a mio parere sono assurde e le abbiamo già viste nel caso della distruzione del Nord Stream 1 e 2 che veniva imputato alla Russia quando è evidente che a loro non conveniva”.
Com’è stata raccontata la vicenda dai giornali italiani?
“Per prima cosa ci tengo a dire che Prigozhin non ha mai parlato di golpe ma è implicito nei fatti che lo fosse. Naturalmente Prigozhin ha cercato di attutire questa sua mossa spiegando che voleva andare a trattare Gerasimov e Shoigu. Ma ciò non toglie che l’azione intrapresa dalla Wagner aveva tutte le caratteristiche di un colpo di Stato. I nostri giornali, dopo anni passati a descrivere Prigozhin come un macellaio e un nazista, quando ha iniziato la sua marcia hanno iniziato a parlarne come di un difensore delle libertà. Dopo sei ore, finito il bluff, sono tornati a parlare del macellaio di Putin. Mi sembra che c’è stato un racconto schizofrenico da parte della stampa italiana mentre quella degli Stati Uniti ha avuto un approccio prudente senza cambiare giudizio su Prigozhin più e più volte”.
Dopo questa azione, l’occidente pregusta la vittoria di Kiev…
“Sicuramente Putin dovrà riprendere in mano la situazione con azioni decise e clamorose. Ma non è uomo da colpi di testa e infatti in Russia viene criticato perché troppo riflessivo. Detto questo ci sono e ci saranno ripercussioni sulle forze armate tanto che gli ucraini sono riusciti ad attraversare il fiume Dnipro, un inedito, piazzando una testa di ponte nell’area controllata dai russi. Ma non c’è nulla da esultare e infatti non credo minimamente che ci sarà una sconfitta dei russi. Questo perché hanno a disposizione moltissimi uomini, un’aviazione che non ha ancora espresso tutta la propria forza e perché sono maestri della guerra difensiva più che di quella offensiva. La realtà è che né Putin né la Russia possono permettersi una sconfitta contro l’Ucraina”.