La situazione all’interno del Movimento cinque stelle resta profondamente disperata. Ma, come spesso accade, quando si tocca il fondo del barile non si può che risalire. O, quantomeno, provarci. Da ieri i pentastellati, dopo essere arrivati a un passo dalla scissione (spauracchio che è tutt’altro che evaporato), stanno provando a risalire la china con l’obiettivo di salvare il salvabile, ricomponendo una frattura profonda e provando a mantenere in vita due progetti politici, entrambi importanti: il Movimento cinque stelle e lo stesso Giuseppe Conte.
E sulla riuscita di questo recupero in extremis aleggia un solo nome: quello di Luigi Di Maio. Dopo aver preferito – e forse voluto consapevolmente – restare in silenzio nei primi giorni di rottura tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo, ieri il ministro degli Esteri ha deciso di parlare con l’ex premier. E non l’ha ha fatto telefonicamente o lontano da occhi indiscreti, ma a favore di telecamere e giornalisti. Chiaro segno che, prima di incontrare Conte, chi di dovere (Grillo) sapeva di quest’iniziativa. Doppio gioco? Niente affatto.
“Luigi, insieme a Roberto Fico, è quello che si sta spendendo di più per ricurire la frattura e mediare tra i due leader”, spiega una fonte interna al Movimento. Ma, secondo quanto risulta al nostro giornale, Di Maio nell’incontro con Conte avrebbe parlato in maniera molto chiara, sottolineando altri due punti centrali. Il primo: una scissione tra contiani e grillini significherebbe un suicidio politico per tutti. Il Movimento – è vero – uscirebbe con le ossa rotte, ma lo stesso Conte dovrebbe dire addio a qualsiasi sogno di carriera politica.
Il motivo è presto detto: “Contrariamente a quello che si dice – assicura un senatore – sebbene tanti si considerino ‘contiani’ sono pochi quelli che alla prova dei fatti sarebbero poi disposti a lasciare il Movimento”. Innanzitutto perché un nuovo progetto, che nascerebbe dal nulla, non avrebbe la forza di arrivare fino alle elezioni 2023; non avrebbe poi un briciolo di vissuto politico come il Movimento; e infine al Senato i fuoriusciti non potrebbero neanche formare un nuovo gruppo parlamentare (non ci sarebbe alcun simbolo cui appoggiarsi) e dunque dovrebbero galleggiare nel Misto. Risultato? Vuoi per interessi (prossima rielezione), vuoi per militanza (ci sono parlamentari che sono da oltre 15 anni nel Movimento), alla fine solo una trentina di deputati e una cinquantina di senatori potrebbero concretamente essere disposti a dire addio ai Cinque stelle.
L’INGHIPPO. E arriviamo al secondo punto, direttamente collegato al primo e che, anzi, assottiglia ancora di più i numeri a disposizione di Conte. Di Maio, infatti, nell’incontro avrebbe anche esplicitato la sua posizione: pur stimando il professore, il ministro degli Esteri non lascerebbe mai il Movimento. Non sarebbe un caso d’altronde che il deputato considerato l’alter-ego di Di Maio, Sergio Battelli, non abbia nascosto il suo essere allineato con Grillo. Una posizione che è più di un indizio. Dunque, la lapalissiana posizione di Di Maio nei confronti del Movimento porterebbe via ancora più parlamentari potenzialmente disposti a seguire Conte.
Questa sarebbe la ragione dell’incontro di ieri: Di Maio ha fatto capire all’ex presidente del Consiglio che, nonostante i pentastellati ne uscirebbero a pezzi, chi rischierebbe definitivamente di crollare è proprio Conte. Non solo: c’è anche chi dà a questa intricata e delicata situazione una lettura machiavellica. Di Maio, infatti, secondo alcuni sa bene che, arrivati a questo punto, è in una posizione win-win: se ora dovesse riuscire nel suo intento di mediazione sarebbe l’eroe del Movimento; se non dovesse riuscirci, sarebbe a quel punto l’unico personaggio in grado di gestire la leadership tra i Cinque stelle.
Le probabilità però che si arrivi alla rottura definitiva si sono assottigliate nelle ultime ore. Due giorni fa, infatti, Grillo ha pubblicato un video in cui lasciava intendere segnali di apertura al dialogo. Segnali che per ora Conte non ha raccolto. Ieri, però, i deputati hanno fatto chiara richiesta allo stesso Conte di sedersi attorno a un tavolo di modo che possano consultare lo statuto (che finora nessuno ha mai visto) e capire realmente chi ha ragione e chi mente. Al momento Conte non ha risposto. “Lo farà sicuramente oggi”, assicurano fonti interne. Ed è inevitabile che accetti l’invito. Rifiutarsi significherebbe perdere la stima anche degli stessi contiani. Ed è lì che potrà cominciare un dialogo costruttivo tra le parti.