Un caso di induzione indebita, per il quale risulta indagato a Foggia l’ex parlamentare del Partito democratico, Lello Di Gioia, aprirà oggi i lavori della Giunta per le autorizzazioni della Camera. La prima grana sul tavolo dell’organismo, presieduto dal deputato di FdI, Andrea Delmastro Delle Vedove, riguarda la richiesta di autorizzazione, trasmessa a Montecitorio dal gip del Tribunale di Foggia, per l’utilizzo delle trascrizioni delle intercettazioni telefoniche in cui è incappato proprio Di Gioia quando era ancora parlamentare.
Nastri compromettenti – Stando agli atti consultabili sul sito della Camera, l’ex esponente del Pd pugliese è stato intercettato indirettamente mentre parlava al telefono con Michele Cristino, presidente della commissione tributaria provinciale di Foggia e prima ancora del Tribunale di Benevento, a sua volta coinvolto in un’inchiesta, in qualità di membro della commissione esaminatrice degli esami di Stato per l’abilitazione all’esercizio della professione di dottore commercialista ed esperto contabile. il gip Carlo Protano intende acquisire, previa autorizzazione del Parlamento, i dialoghi intercettati e trascritti “da cui si evincono i contatti del Di Gioia con Cristino Michele” e di quest’ultimo con Nicola Cardellino, un dipendente della commissione tributaria di Foggia. Di Di Gioia, socialista, per quindici anni sindaco di San Marco la Catola e deputato per tre legislature, fino al 2013, l’ultima delle quali prima tra le fila del Partito democratico e poi del Gruppo misto, si era parlato a lungo quando, in seguito ad alcune inchieste giornalistiche, il Pd lo aveva invitato a lasciare la presidenza della Commissione parlamentare di controllo sulle attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale. Le vicende che lo riguardano sono in realtà tre. Nel 2015 la Polizia lo aveva intercettato indagando su una banda di rapinatori che tre anni prima aveva messo a segno un colpo da 15 milioni di euro svuotando 165 cassette di sicurezza nel caveau della filiale di Foggia del Banco di Napoli.
Da Lupin a Poste Vita – Di Gioia (che per questa vicenda non fu indagato e all’epoca dei fatti non ricopriva incarichi pubblici) si era messo in contatto con il capo della banda, Olinto Bonalumi, detto Arsenio Lupin, per mediare il recupero di una parte della refurtiva sottratta a una delle vittime della rapina nel caveau. L’ex deputato, in un’intervista, negò, pur in presenza di intercettazioni e di altri riscontri investigativi, ogni coinvolgimento con la banda di rapinatori. Sempre nel 2015, Di Gioia finì in un’altra inchiesta giornalistica che aveva fatto emergere la vicenda dell’assunzione della figlia, Silvia, a Poste Vita come specialist in “previdenza e assistenza”, gli stessi argomenti di cui si occupava da presidente della Commissione parlamentare, e l’affitto da parte della moglie di un appartamento di proprietà dell’Enpam, la cassa di previdenza dei medici. Ora la sua sorte è appesa alla decisione della Giunta per le autorizzazioni.