di Stefano Sansonetti
Per carità, una mina è stata disinnescata. Ma la bomba più grossa e pericolosa, quella che rischia di produrre effetti devastanti, è ancora lì, ben nascosta all’interno della legge di stabilità. Il governo guidato da Enrico Letta, naturalmente, preferisce puntare sul risultato minimo. E così, due giorni fa, l’esecutivo ha dato gran risalto alla decisione di cancellare dalla legge di stabilità il taglio lineare delle detrazioni fiscali fissate oggi al 19%. La misura era stata inizialmente inserita per recuperare 488 milioni nel 2014. Gli effetti, per un esecutivo che certo non gode di grande fama presso l’opinione pubblica, sarebbe stato politicamente esiziale. Adesso le stesse risorse, dice il Tesoro, verranno recuperate con un non meglio precisato “incremento degli obiettivi di risparmio previsti dalla revisione della spesa”. Insomma, la solita formula miracolistica. Peccato, però, che il governo non abbia spiegato che il problema è solo rinviato al 2015, quando potrebbe scattare un taglio ancora più forte delle agevolazioni fiscali: un colpo d’ascia tale da far recuperare solo in quell’anno 3 miliardi di euro, destinati inesorabilmente a salire nei due anni successivi.
Il punto
E’ tutto scritto nero su bianco nella legge di stabilità, per la precisione nel comma 430 dell’articolo uno. Il comma non viene toccato dall’intervento abrogativo annunciato dal governo e quindi rimane pienamente in vigore. In esso si dice, in modo che più chiaro non si può, che entro il 15 gennaio del 2015 un decreto del presidente del consiglio dovrà disporre “variazioni di aliquote d’imposta e riduzioni della misura delle agevolazioni e delle detrazioni vigenti tali da assicurare 3 miliardi di euro per l’anno 2015, 7 miliardi di euro per l’anno 2016 e 10 miliardi di euro a decorrere dal 2017”. Il decreto, naturalmente, dovrà essere adottato su proposta del ministro dell’economia, carica oggi ricoperta da Fabrizio Saccomanni. Subito dopo lo stesso comma 430 stabilisce che le misure in questione “non sono adottate, o sono adottate per importi inferiori, ove entro la data del 1° gennaio 2015 siano approvati provvedimenti normativi che assicurino, in tutto o in parte, i predetti importi attraverso il conseguimento di maggiori entrate ovvero di risparmi di spesa mediante interventi di razionalizzazione e di revisione della spesa pubblica”. Insomma, è questa le vera bomba a orologeria che continua a ticchettare. E’ vero che il governo ha detto che il tema del riordino delle agevolazioni fiscali, un calderone di 720 voci che costano circa 260 miliardi di euro, sarà affrontato all’interno della delega fiscale. Ma ha chiarito questo aspetto in riferimento all’abrogazione del taglio lineare delle detrazioni del 19% che in un primo momento avrebbe dovuto garantire alle casse dello Stato 488 milioni a partire dal 2014. Nessun ragguaglio, invece, è stato fornito a proposito del comma 430.
La beffa
Per recuperare questo bendidio si rischia in ogni caso il salasso. Il famigerato comma, infatti, dice che si dovrà procedere o con la riduzione della misura delle agevolazioni o con variazione delle aliquote di imposta. In entrambi i casi il peso del Fisco sulle tasche dei contribuenti è destinato a salire. A meno che, dice sempre la legge, non si riescano a recuperare queste risorse o con il conseguimento di maggiori entrate (verosimilmente aumento di altre tasse) o con risparmi di spesa. Contattato da La Notizia, il sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta ammette che “la questione è talmente importante che bisognerà riparlarne. Il governo ha coscienza del tema al punto che ha ritenuto opportuno affrontarlo nella sede della delega fiscale”. Il fatto è che la questione è stata solo rinviata. “Per il momento abbiamo evitato il taglio delle detrazioni con una decisione improvvisa”, si è limitato a concludere lo stesso Baretta, aggiungendo che bisogna mettere ancora mano a tutta la materia delle agevolazioni”.
Twitter: @SSansonetti