Davanti alle reiterate promesse del guardasigilli Carlo Nordio, c’era da aspettarsi che prima o poi il reato di abuso d’ufficio sarebbe stato cancellato. Certo più di qualcuno aveva sperato in un cambio di rotta da parte della maggioranza visto che per mesi il tema sembrava essere sparito dall’agenda politica ma ieri, durante una serrata riunione della commissione Giustizia del Senato, è arrivato il primo ok al depennamento dal codice penale del reato che tanti giuristi, magistrati e perfino l’Unione europea ci chiedeva di non toccare.
Con un blitz in Commissione, la maggioranza ha abolito il reato di abuso d’ufficio. Mentre la Lega mette nel mirino la legge Severino
Tutti appelli che evidentemente sono caduti nel vuoto visto che ieri è arrivato il via libera da parte di tutta la maggioranza a cui si è accodata – davvero senza stupire nessuno – anche Italia Viva che fino ad oggi si è sempre dimostrata molto vicina all’idea di Giustizia portata avanti dal ministro Nordio. Diametralmente opposta la reazione, sdegnata, delle opposizioni con Partito democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra che hanno votato contro. Come se non bastasse è stato anche fortemente attenuato anche il reato di traffico di influenze.
Cronometro alla mano, la riunione della Commissione è durata oltre tre ore. Un tempo che la dice lunga sulle tensioni che sono emerse tra la visione portata avanti dai partiti che sostengono il governo di Giorgia Meloni e la minoranza che da tempo denuncia un pericoloso depotenziamento degli strumenti giuridici atti a contrastare la corruzione. Proprio dal Partito democratico, ben conscio di cosa stava per accadere, era arrivata una proposta per cercare di limitare i danni, chiedendo sostanzialmente di distinguere la responsabilità politica dei sindaci da quella dei tecnici, ma non c’è stato niente da fare perché la maggioranza compatta ha votato contro. Tre ore di serrato dibattito che sono serviti a discutere soltanto il primo articolo, sugli otto totali, del disegno di legge portato avanti dal guardasigilli, con la discussione che riprenderà oggi sempre in Commissione.
Via libera della Commissione giustizia alla riforma Nordio. Fortemente ridimensionato il traffico di influenze
Quel che è peggio è che l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio e l’attenuazione del traffico di influenze rischia di costare molto caro all’Italia. Questo perché, come aveva già spiegato a La Notizia Federico Cafiero De Raho, ex procuratore antimafia e oggi deputato M5S, “se l’Italia dovesse andare avanti in questa direzione (con l’abrogazione, ndr), certamente il nostro governo andrebbe contro un percorso posto dal Consiglio e dalla Commissione europea. Esiste una convenzione europea contro la corruzione in cui sia l’abuso d’ufficio che il traffico illecito di influenze sono poste come reati da perseguire, con la chiara indicazione rivolta a tutti i Paesi europei ad adeguarsi a tali disposizioni”.
E ancora: “Escludere la figura dell’abuso d’ufficio significa entrare in guerra con delle chiare e precise indicazioni dell’Europa e questo l’Italia non se lo può permettere. Questo sia perché siamo uno dei Paesi che più di tutti ha portato avanti con forza il contrasto alla corruzione e sia perché nell’ambito del Pnrr l’Italia ha il dovere di garantire i pubblici appalti dalla corruzione. E forse qualcuno dimentica che l’abuso d’ufficio è un reato spia proprio della corruzione”. Chi non sembra pensarla così è proprio Nordio che ieri con una nota ha espresso “grande soddisfazione per la sollecitudine con cui la Commissione Giustizia del Senato, presieduta da Giulia Bongiorno, è arrivata a questo risultato, con l’auspicio che la parte residua del disegno di legge venga altresì approvata nel minor tempo possibile”.
Poi entrando nel merito ha ribadito che “l’abrogazione di questo reato evanescente, richiesta a gran voce da tutti gli amministratori di ogni parte politica, contribuirà ad un’accelerazione delle procedure e avrà quell’impatto favorevole sull’economia auspicato nei giorni scorsi dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni”.