“Se aspettano ancora un po’ dovranno fare un sorteggio”, ha commentato ieri fra il serio e il faceto l’ex sindaco di Milano, Gabriele Albertini, indicato dal centrodestra come candidato ‘vice sindaco’ nella corsa a Palazzo Marino, primo caso in cui prima viene scelto il vice e poi il sindaco, il fatto che la coalizione – anzi Matteo Salvini a cui spetta la scelta del nome – non abbia ufficializzato ancora il ticket da schierare.
Ma l’intervista che Albertini ha rilasciato ai microfoni di Radio 24, spendendo parole di stima per Andrea Farinet, (“Per un civico fare il sindaco di Milano è un grosso problema, ma da quello che sento dire su Farinet mi sembra che abbia le motivazioni per farlo”) fa comunque presagire che la svolta nello stallo potrebbe essere vicina. Anche perché il presidente della fondazione Pubblicità progresso, spinto dal segretario della Lega, che nei giorni scorsi ne aveva di fatto tracciato l’identikit, dopo la rinuncia dello stesso Albertini e di Oscar di Montigny – che si è sfilato per il mancato sostegno unanime – ha già incontrato Salvini e Silvio Berlusconi.
Manca però, anche in questo caso, un tassello fondamentale, l’avallo di Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, e su questo punto ieri Ignazio La Russa è rimasto eloquentemente sul vago: “Non lo conosco, me ne parlano bene e mi fido delle valutazioni della Lega”, assicurando che valuterà il profilo. E, come aveva già spiegato la scorsa settimana “L’istruttoria sul candidato di Milano spetta a Salvini, vedremo”. Oneri e onori, dunque: il partito che propone un candidato se ne assume la responsabilità nel bene e nel male.
Un ragionamento non proprio in linea con un’idea di coalizione unitissima insomma, anche se nelle dichiarazioni di rito i leader vogliono dare quest’impressione; senza dimenticare, sullo sfondo, la questione della federazione proposta dal Capitano e rilanciata dal Cavaliere addirittura nella forma del ‘partito unico’, opzioni entrambe considerate con freddezza (per usare un eufemismo) da FdI e quella del partito unico sonoramente bocciata anche da Salvini, che ha ribadito anche ieri a Torino, in conferenza stampa con il candidato a sindaco del centrodestra, Paolo Damilano, di avere in mente “Un centrodestra che si federa, che non si fonde, perché le fusioni dei partiti e delle aziende non portano da nessuna parte”, spiegando poi che Torino poterebbe essere “un grande laboratorio, il laboratorio di un centrodestra allargato, nuovo e inclusivo”.
In ogni caso il segretario leghista, impegnato nei prossimi giorni a Bologna e in Toscana, non ha ancora convocato un vertice per questa settimana e pare orientato a prendersi più tempo, pur assicurando che entro la settimana “le squadre saranno definite ovunque”: ancora in via di definizione ci sono infatti anche da definire le candidature a Bologna e Napoli, senza contare il fatto che a Milano anche Forza Italia vuole dire la sua e al momento non ha ancora del tutto accantonato il nome di Maurizio Lupi, che sulla carta (a quanto rilevano i sondaggi) avrebbe più chance contro Beppe Sala.
Ma la sua candidatura smonterebbe la scelta dei ‘civici’ sostenuta finora dai tre partiti: neppure a Bologna, pertanto, la Lega sarebbe favorevole alla candidatura del senatore azzurro Andrea Cangini, preferendo Fabio Battistini e Roberto Mugavero. Infine, a Napoli, un altro scoglio: la Meloni non ha nessuna intenzione di appoggiare Catello Maresca, sostenuto da Salvini, almeno finché l’ex pm non accetterà di correre coi simboli di partito nelle liste, e ha già rilanciato con un suo candidato, Sergio Rastrelli.