di Gaetano Pedullà
Sarà il caldo rovente, sarà che il caos in politica ha raggiunto vette inesplorate, ma la scena che vediamo se ci affacciamo alla finestra è più o meno questa: l’Italia non può più permettersi di dare al mondo e ai mercati un’immagine di instabilità e di arretratezza, dunque non c’è alternativa al governo Letta. Contemporaneamente, però, diamo anche l’immagine di un Paese che potrebbe mandare in carcere il leader dell’opposizione politica, neanche fossimo la democraticissima Russia di Putin (con Mikhail Khodorkovsky e chissà quanti avversari politici lasciati a marcire in cella) o uno dei tanti regimi totalitari e inaffidabili sparsi per il pianeta, fate voi. Così restiamo in un clima di strisciante campagna elettorale permanente, i grandi provvedimenti promessi dal governo per uscire dalla crisi ingialliscono in bacheca tra gli annunci di twitter e di riforme vere non si vede l’ombra. Il tempo passa e a parte un mucchio di nomine che accontentano il sistema di potere, i soliti grand commis di Stato e i burocrati – veri padroni nelle stanze dei bottoni – non succede niente di più. Si galleggia, appesi al salvagente del Quirinale senza accorgersi che se ci si salva dall’annegamento, non ci si salverà dal finire alla deriva. A eccezione di Grillo, che non crescerà nei consensi ma perlomeno ha la coerenza di stare al largo di Pdl e quello che chiama Pd meno elle, i falchi del centrodestra e i renziani continuano a giocare di sponda. Sperano in un veloce ritorno al voto, ma non hanno il coraggio di staccare la spina e aspettano che sia qualcun altro a fare il lavoro sporco. In questo modo abbiamo un centrodestra che non riesce a cambiar pelle e dove la massima idea di nuovo è sostituire Berlusconi Silvio con Berlusconi Marina. E un Pd dove la nomenklatura resta inamovibile, mentre la base non riesce ad andare più lontano che sognare una vittoria elettorale di questo passo destinata a non arrivare mai. Facendo la parodia a una nota pubblicità: sogni, ma poi tutt’altro che una solida realtà.