Delusi da Ursula von der Leyen dopo che ha definito solo uno “slogan” i coronabond. Né il parziale dietrofront dopo le pressioni di Giuseppe Conte non è sufficiente: “è necessario che tutta la Commissione sostenga in maniera inequivoca l’introduzione di tutti gli strumenti necessari a superare la crisi”, spiega l’europarlamentare M5S Fabio Massimo Castaldo. Ma dev’essere altrettanto chiaro un concetto per il vicepresidente dell’Europarlamento: “Qui è in discussione l’Europa dell’austerity, e non il progetto europeo stesso”. Perché quanto sta accadendo, anzi, rivela che esiste “un’Europa che vuole cambiare, che si ribella ad egoismi e nazionalismi”.
Tuttavia sembra che le istituzioni europee continuino a fare un passo avanti e uno indietro…
Voglio essere chiaro sul punto: siamo dinnanzi a una sfida esistenziale per l’integrazione europea. Chiunque osi negare che l’emergenza coronavirus sia una crisi che colpisce simmetricamente tutti gli Stati membri, e che solo una risposta energica e congiunta possa scongiurare il rischio di una recessione di proporzioni mastodontiche, sta spudoratamente negando l’evidenza. La Commissione europea si è recentemente mossa con il passo del gambero: sono state prese iniziative giuste e doverose, come la sospensione del Patto di Stabilità e la sburocratizzazione dei fondi europei, ma la recente intervista della Presidente Von der Leyen, nonostante sia stata parzialmente ritrattata, è sicuramente un passo falso.
Parliamoci chiaro: siete delusi?
Sì. Siamo delusi e il parziale dietrofront della Von de Leyen, arrivato dopo le giuste puntualizzazioni del Presidente Conte, non è sufficiente: al contrario è necessario che anche la Commissione sostenga in modo inequivoco l’introduzione di tutti gli strumenti necessari a proteggere i nostri cittadini e il progetto europeo. Pensare che siano i singoli Stati a indebitarsi massicciamente vorrebbe dire passare da una crisi sanitaria a una finanziaria: per questo è imprescindibile emettere dei bond comuni destinati ad affrontare le esigenze sanitarie ed economiche originate dall’epidemia, e personalmente ritengo che la soluzione migliore sia affidarsi alla BEI. Germania e Olanda criticano gli Eurobond, si illudono di avere sufficiente spazio fiscale per fare da soli, ma come possono non rendersi conto che, in quanto Paesi esportatori, sarebbero anch’essi colpiti duramente dalle conseguenze della recessione? La pandemia non conosce frontiere, colpisce tutti, indiscriminatamente e si combatte solo con misure straordinarie.
Quanto conta il fatto che la Germania è stata critica con l’idea dei coronabond?
Conta molto. La Germania è la prima economia europea e la Merkel non credo voglia passare alla storia come la responsabile del crollo del progetto europeo. Spero davvero che prevalga il buon senso. Ricordo però che nel 1953, con l’accordo di Londra, ventuno Paesi mostrarono grande solidarietà alla Germania dimostrando amicizia e fratellanza al popolo tedesco. Consiglio agli attuali dirigenti tedeschi di ricordarsi del significato vero e concreto della parola solidarietà.
È difficile dar torto a chi, come Meloni e Salvini, dicono che a volere Ursula von der Leyen siate stati anche voi. Cosa risponde?
Meloni e Salvini ne stanno sparando una al giorno, nell’affannosa e spasmodica ricerca di visibilità e di qualche altro pugno di like, ma i loro tweet ormai suscitano più ilarità che riflessione politica. Peraltro il PiS, partito di governo polacco e strettissimo alleato di FdI nel gruppo dei Conservatori ha apertamente sostenuto la Von der Leyen, ma questo la Meloni si guarda bene dal dirlo. In ogni caso il vero ostacolo all’adozione dei bond proviene dal fronte dei rigoristi che vede come alfieri Olanda, Austria, Finlandia e Germania. E, guarda caso, i principali alleati di Meloni e Salvini in Europa sono proprio quei partiti che più incalzano i propri governi per assicurarsi che ci lascino soli, che non si adotti alcuno strumento comune. Come l’AfD tedesca o l’FPÖ austriaca ad esempio. È questa la vera vergogna, i loro amici sovranisti sono i veri falchi degli austerità ed è anche per colpa loro che oggi l’Ue è indecisa e balbuziente.
Talmente balbuziente che rafforza l’idea di molti dell’inutilità dell’Ue…
Qui è in discussione l’Europa dell’austerity, e non il progetto europeo stesso. Con quali strumenti e con quali difese uno Stato da solo potrebbe fronteggiare la concorrenza dei giganti come Stati Uniti, Cina o Russia? Insieme siamo più forti, ma la casa comune va rinnovata, deve adattarsi ai tempi e superare, una volta per tutte, gli scogli irrisolti. Servono strumenti nuovi, così come politiche monetarie e di bilancio espansive, una politica fiscale comune e un’Europa sociale che facciano definitivamente tramontare le concorrenze sleali nell’UE.
Avrà ancora senso parlare di Ue?
Sì. Nove Paesi membri hanno firmato l’appello di Conte per una nuova Europa, Altri cinque sono favorevoli. Autorevoli esponenti non solo politici ma anche della società civile olandese e tedesca sono scesi in campo nel difendere il progetto degli Eurobond. Inoltre, ci ha fatto molto piacere l’hashtag #JeSuisItalie lanciato dal quotidiano belga Le Soir in solidarietà con il nostro Paese. C’è un’Europa che vuole cambiare, che si ribella ad egoismi e nazionalismi: noi lavoreremo ogni giorno con determinazione per farla prevalere.