di Angelo Perfetti
Ora la stampa governativa, allineata, ortodossa e in mano ai poteri forti scriverà del grande sforzo fatto da Letta per restare (quasi) dentro i parametri di Maastricht, della determinazione del “governo del Fare”, e ricomincerà la solfa della stabilità. Il giorno dopo che anche Berlusconi ha detto che sarebbe da irresponsabili innescare una crisi, il giubileo delle larghe intese è stato ufficialmente riaperto. Però, a voler essere legati freddamente a numeri e parole, qualche dubbio viene. Procediamo con ordine. Il rapporto Pil – deficit avrebbe dovuto essere sotto il 3%, invece sta al 3,1. Bazzecole? Non proprio, perché per far rientrare quello 0,1 e andare oltre – visto che il tetto del 3% non è l’optimum ma solo la dead line imposta dall’Europa – c’è un maledetto bisogno di liquidità, che non arriverà più con l’Imu né potrà essere coperta con consumi sempre più in calo. Consumi che diminuiranno ancora se realmente il governo, per tenere fede alla promessa ribadita ieri (entro la fine dell’anno arriveremo al 3% ed entro il 2014 saremo fuori dalla crisi; il prossimo anno quello della crescita, lavoro, coesione sociale e riforme al centro di tutto) dovrà necessariamente mettere mano all’Iva. Ma non è impresa facile, perché romperebbe il “patto di stabilità”, consentiteci il termine, stilato con il Pdl all’inizio di questo particolarissimo mandato. Un Pdl con il leader azzoppato e per questo dolorante e furioso. E dunque imprevedibile.
La dichiarazione di onestà
Nelle dichiarazioni di Letta c’è un altro aspetto che è passato come naturale ma che al contrario può essere inquietante: “Scriviamo 3,1% nel def – spiega il premier – perché vogliamo essere seri”. Cioè? I bilanci stilati dai precedenti governi, Monti compreso, non lo erano? Quale messaggio si vuole dare all’Europa? Quello che finalmente l’Italia ha una persona onesta al timone? Trascurando il fatto che questa potrebbe essere benzina per l’anti italianismo che impera in molta parte del Vecchio Continente, ma non si può non sottolineare come Letta riesca a governare proprio in virtù dell’accordo con i premier che l’hanno preceduto. Una posizione quantomeno improvvida, dunque.
Meriti e colpe
Che fa il paio con un altro mantra che ci siamo stati abituati a sentire nelle ultime settimane: lo spread collegato alle vicende interne del Belpaese. Nel mondo la Federal reserve sta continuando a pompare soldi nel tessuto produttivo americano, in Siria la guerra fredda è tornata giocando la sua partita nello scacchiere più esplosivo che esista, quello Mediorientale, e noi stiamo qui a ribadire che tutto è legato alle diatribe tra Pdl, Pd e grillini. “Non abbiamo potuto scrivere ancora 3% non per colpa del governo, Il 3,1% è figlio di una situazione di instabilità politica e discesa dei tassi che si è interrotta non per colpa del governo. L’instabilità pesa sui conti”. Messaggio chiarissimo: i meriti sono miei, le colpe sono degli altri. Altri bello spot di quell’italianità deteriore che tanto ha reso famoso il mitico Alberto Sordi ma che altrettanto ha appiattito le coscienze degli italiani dal dopoguerra ad oggi, specchiati nella mediocrità che li rappresentava.
Il dettaglio tecnico
Fatto sta che, stante il segno meno sui numeri, Letta e Saccomanni non potevano che ricorrere all’istituto della fiducia (non quella politica, ma quella intesa come bella speranza). E il messaggio lanciato dal presidente del Consiglio e dal ministro dell’Economia nella conferenza stampa seguita all’approvazione in Consiglio dei ministri della nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza sui Conti pubblici parla sì di un peggioramento rispetto alle previsioni del 2013, ma con una promessa di miglioramento già dal 2014 grazie alla ripresa dell’economia, agli interventi del governo a sostegno della crescita e all’impegno a invertire il trend negativo del rapporto deficit/Pil entro il tetto del 3%. Dai dati illustrati e dagli altri che si è riusciti a reperire a margine dell’incontro con la stampa, emerge come detto che il valore tendenziale del rapporto deficit/Pil di fine anno viaggia attualmente al 3,1%, ma il governo conferma l’impegno a mettere in atto misure correttive che lo riportino entro il tetto del 3%, rispettando le indicazioni della Ue. L’andamento del Prodotto interno lordo a fine 2013 peggiorerà rispetto alle previsioni dell’aprile scorso contenute nel Def elaborato dal governo Monti, toccando -1,7%. Ma, secondo le previsioni del ministro Saccomanni, il valore dovrebbe tornare in terreno positivo nel 2014, con un incremento del Pil rispetto al 2013 dell’1%, grazie anche a un andamento finalmente positivo dell’economia nel quarto trimestre 2013. Infine i crediti effettivamente rimborsati alle imprese dalla Pa hanno toccato ad oggi 11,7 miliardi di euro. Insomma, per Letta nel Belpaese tornerà a splendere il sole. Per ora però, meglio portarsi dietro un ombrello.