Che fosse una decisione, come ha detto il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, “ampiamente prevista”, è vero. Che metterà un’ipoteca pesantissima sulla prossima Manovra, questo Giorgetti non lo dice, ma anche qui si tratta di cosa arcinota e prevedibile.
Ma andiamo con ordine. Oggi la Commissione europea ha compiuto il primo passo formale per l’apertura della procedura per deficit eccessivo per Italia, Francia e altri cinque Paesi: Belgio, Ungheria, Malta, Polonia e Slovacchia.
Questo significa che per noi e gli altri comincia l’iter da tradurre poi con l’autunno in impegni per il rientro a tappe forzate dei conti ai fini del rispetto dei vincoli per il disavanzo e il debito pubblico (da tenere rispettivamente entro il 3% e il 60% del Pil).
Le nuove regole per il rientro dal deficit
Questa volta, però, dopo gli anni di stop dovuti al Covid, il Patto di stabilità non è più sospeso e anzi viene applicato per la prima volta nella formula rinegoziata, e in vigore da fine aprile.
La nuova governance ha portato tra l’altro novità sul ritmo per il rientro del deficit eccessivo, oltre a introdurre un controllo dei conti con le traiettorie pluriennali di spesa. A fine 2023, stando ai dati Eurostat, undici Paesi avevano il deficit oltre il 3%, con l’Italia ai massimi Ue e al 7,4%.
Dopo la relazione di oggi della Commissione l’attesa è che a novembre arrivi la sua proposta sulla raccomandazione del Consiglio per il rientro del deficit. Il nuovo Patto, comunque, impone una correzione per almeno lo 0,5% annuo del bilancio strutturale fino al rientro entro la soglia del 3%.
Già venerdì verranno assegnate agli Stati le ‘traiettorie di riferimento’ (non saranno rese pubbliche), nuovo snodo del ‘braccio preventivo’ del Patto. Si aprirà quindi il negoziato tra Stati e Commissione e i Paesi presenteranno i piani pluriennali di spesa il 20 settembre, che saranno approvati poi nel pacchetto di autunno del semestre europeo, assieme quindi alle raccomandazioni sul deficit.
Le ipotesi sull’aggiustamento necessario
I piani di aggiustamento nazionale saranno di quattro o sette anni, a seconda se il governo deciderà di allungare il periodo di correzione. È presumibile che l’ipotesi di traiettoria che verrà proposta dalla Commissione europea preveda un aggiustamento strutturale di circa 0,6% all’anno su sette anni. Che significano 11-13 miliardi l’anno. Un macigno sulla Manovra dunque.
Solo per finanziare il rinnovo del taglio del cuneo e la riforma Irpef servono 15 miliardi. Ma da Bruxelles ieri sono arrivati anche richiami importanti sulle fragilità strutturali del nostro Paese.
In Italia, si legge nel suo report, “permangono vulnerabilità legate all’elevato debito pubblico e alla debole crescita della produttività in un contesto di fragilità del mercato del lavoro e alcune debolezze residue nel settore finanziario, che hanno rilevanza transfrontaliera”.
I richiami di Bruxelles all’Italia
Il rapporto debito pubblico/Pil “notevolmente diminuito” dal picco del Covid è ancora elevato, pari a oltre il 137% del Pil nel 2023, e si prevede che la tendenza al ribasso si invertirà quest’anno e il prossimo.
Da qui il richiamo a fare le riforme per aumentare la produttività e a spingere sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, su cui servono “ulteriori sforzi politici”.
Sul Recovery plan ha richiamato l’attenzione anche Paolo Gentiloni. “Serve da un lato cautela della spesa e dall’altro moltiplicare gli sforzi per gli investimenti del Pnrr”, ha detto il commissario Ue.
La Commissione europea invita l’Italia ad affrontare le sfide demografiche, a riformare il sistema fiscale per fornire maggiori incentivi alla crescita, con particolare attenzione alla riduzione del cuneo fiscale sul lavoro.
E anche a “migliorare l’adempimento fiscale aumentando le fonti di dati disponibili per audit e controlli, incoraggiando l’uso dei pagamenti elettronici e riducendo i costi di conformità per i contribuenti”.
Dentro anche un richiamo sui balneari. I ritardi, dice Bruxelles, nell’attuazione di procedure di aggiudicazione trasparenti e competitive per le concessioni balneari, così come la loro mancanza di redditività per le autorità pubbliche, rimangono motivo di preoccupazione, in particolare dato che i miglioramenti iniziali apportati con la legge annuale sulla concorrenza 2021 sembrano ostacolati dai successivi interventi legislativi.
E nel frattempo in Italia l’Ufficio parlamentare di bilancio boccia il taglio del cuneo fiscale versione Meloni: è distorsivo e va rivisto.