Decreto flussi, non c’è accordo in Cdm e la norma slitta

Il nuovo decreto flussi divide la maggioranza, anche se Mantovano nega: "Nessun contrasto". Intanto le opposizioni insorgono.

Decreto flussi, non c’è accordo in Cdm e la norma slitta

“La materia è complessa, serve un affinamento” per “arrivare a un prodotto definito che regga”. Così ieri il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha tentato di nascondere le crepe apertesi nella maggioranza sul nuovo Decreto flussi. Il testo del Dl era arrivato ieri in Consiglio dei ministri ma, dopo ore di discussione, la sua approvazione è stata scientificamente rimandata al prossimo Cdm, il 2 ottobre.

Cosa riguarda la bozza del Decreto flussi

In effetti la materia è complicata, poiché la norma prevede “disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri, di tutela e assistenza alle vittime di caporalato, nonché di gestione dei flussi migratori e di protezione internazionale”. Il provvedimento, ha fatto sapere Mantovano, si compone di quattro parti: “dare effettività agli ingressi regolari e al collegamento col lavoro; rendere il contrasto al caporalato, quindi allo sfruttamento in nero, qualcosa di più effettivo facendo emergere dalla condizione di sfruttamento il lavoratore in nero; maggiori garanzie di identificazione del migrante che arriva irregolarmente; un esame più accurato dei ricorsi contro i dinieghi delle domande di protezione”. Diverse direttrici, che però dovrebbero portare a “una riforma organica”.

Mantovano nega ogni contrasto, ma il Dl è stato rimandato

Da qui i contrasti, negati però dal sottosegretario: “Non c’è nessun contrasto nel governo”, ma c’è bisogno di “qualche affinamento” al testo, ha chiarito, “c’è l’esigenza, trattandosi di una materia particolarmente complessa, di arrivare a un prodotto definito che regga, che leghi bene ciascuna delle parti reciprocamente”. Ma l’opposizione non ci crede e attacca, il rinvio “è frutto di divisioni nella maggioranza”, la tesi.

Decreto flussi, la norma contro gli aerei delle Ong che salvano i migranti

Tra le norme contestate quelle sul coordinamento degli aerei delle Ong impegnati nella ricerca di migranti nel Mediterraneo, una stretta simile a quella ideata per colpire le navi della Organizzazioni internazionali. “Gli aeromobili privati, anche apilotaggio remoto, che, partendo o atterrando nel territorio italiano, effettuano attività non occasionale di ricerca finalizzata o strumentale alle operazioni di soccorso” hanno – si legge nel testo – “l’obbligo di informare di ogni situazione di emergenza in mare, immediatamente e con priorità, l’Ente dei servizi del traffico aereo competente e il Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo responsabile per l’area in  cui si svolge l’evento, nonché i Centri di coordinamento del soccorso marittimo degli Stati costieri responsabili delle aree contigue”.

Multe fino a 10mila euro

Il pilota in comando deve attenersi alle indicazioni operative del Centro nazionale di coordinamento del soccorso marittimo responsabile, nei casi di violazione delle disposizioni, “salve le sanzioni penali quando il fatto costituisce reato, si applica al pilota in comando dell’aeromobile la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 2.000 a euro 10.000”.