Una maggioranza in confusione, alla perpetua ricerca di toppe necessarie per rimediare a errori grossolani contenuti in decreti scritti sull’onda delle polemiche. Toppe che però poi si rivelano peggiori dei buchi per i quali erano state progettate. È quanto accade in Parlamento da tempo. Ed è accaduto anche ieri alla Camera, impegnata nella conversione in legge del Decreto flussi. In modo plateale.
Il caos per l’emendamento sulle Corti d’Appello
Motivo del contendere l’emendamento che sposta le competenze sulle richieste di protezione umanitaria dalle sezioni specializzate dei tribunali per l’immigrazione alle Corti d’Appello. Una scelta figlia delle polemiche sul decreto Paesi Sicuri, a sua volta, generato dalle polemiche per la fallimentare operazione dei centri di detenzione in Albania (la lunga serie di toppe peggiori dei buchi).
Prima la maggioranza nega i problemi, poi chiede più tempo
Per settimane il centrodestra ha bollato come sterili diatribe gli avvisi dei magistrati sul caos che tale spostamento di competenze avrebbe comportato nei tribunali italiani. Così come l’appello sottoscritto da tutti i presidenti di tutte le Corti d’Appello italiane, affinché il governo facesse un passo indietro, era caduto nel vuoto. Ieri però quella stessa maggioranza irremovibile ha chiesto che il testo della legge tornasse in commissione Affari Costituzionali, perché si doveva votare un emendamento per spostare di 30 giorni l’entrata in vigore del decreto. Tempo ritenuto necessario per organizzare le Corti.
Le polemiche immediate
Da qui lo scontro con le opposizioni che hanno abbandonato i lavori. “Il rinvio in commissione del Decreto flussi conferma che avevamo ragione: il governo, con queste norme, sta mettendo in difficoltà la giustizia italiana”, dice la responsabile giustizia del Pd, Debora Serracchiani, “Trasferire competenze così delicate alle Corti d’Appello, già sovraccariche, è una scelta priva di senso. Concedere 30 giorni per adeguarsi non solo è insufficiente, ma del tutto inutile, considerando l’impatto organizzativo richiesto. Chiediamo che il governo torni indietro su questa norma, che non fa altro che aumentare il caos nel sistema giudiziario italiano”.
Di “testo confuso, scritto male e di fretta per i ripetuti emendamenti dell’ultim’ora presentati dalla relatrice”, parla invece l’Avs Filiberto Zaratti, che aggiunge: “Oltre alla nostra ferma opposizione di merito, esiste un palese problema di metodo che il rinvio in Aula del testo dimostra molto chiaramente”.
M5s all’attacco dell’intero decreto flussi
Ma le forti critiche hanno riguardato l’intero decreto. Che, secondo l’M5s Ida Carmina serve solo a “mettere una toppa ai danni fatti fino a ora dal governo. Dopo il fallimento dell’operazione Albania, quasi un miliardo di euro e centinaia di agenti impiegati per delle strutture sempre vuote, mentre in Italia impazzano i reati violenti, arriva questo provvedimento in alcune parti inutili, in altre dannosissimo. La norma sui ‘Paesi sicuri’ è un tentativo goffo e arrogante di sovvertire la gerarchia delle fonti, accompagnato da vergognosi attacchi ai magistrati il cui compito è semplicemente quello di fare rispettare a tutti le regole”.
Ferro: “I giudici non sono in grado di capire quali siano i paesi sicuri”
Prima dello scontro sul rinvio in commissione, la discussione si era accesa per le parole della sottosegretaria all’Interno, Wanda Ferro, per la quale i giudici non sono in grado di capire se un Paese è sicuro o meno. Quindi deve dirglielo il governo. “L’individuazione dei Paesi sicuri avviene in applicazione dei criteri di qualificazione stabilità dalla normativa europea ed è frutto di un complesso di carattere politico e amministrativo, che tiene conto di informazioni in alcuni casi anche riservate e provenienti dell’intelligence e di valutazioni politiche, legali e sociali, che richiedono competenze specialistiche che il singolo magistrato non può avere”, ha detto Ferro.
“Per i migranti in Albania spesi solo 8.400 euro”
Ferro si è anche spinta a dire che l’operazione Albania non è affatto un salasso economico per lo Stato, anzi… “Si tratta di spese quasi irrilevanti”, ha spiegato, “Il costo reale dell’impegno della nave Libra si è rivelato di 8.400 euro complessivi, al netto delle spese di ordinario esercizio quotidiano della nave; un costo giornaliero ampiamente inferiore a quello che veniva sostenuto in epoca di grande celebrazione di operazioni come Mare Nostrum, che richiedevano oneri per 300 mila euro al giorno”.
Anche volendo sorvolare sul fatto che durante Mare Nostrum si salvarono centinaia di miglia di vite, la sottosegretaria non ha comunque spiegato perché dovrebbe essere accettabile spendere (oltre al circa un miliardo stanziato per l’intera operazione Albania) anche “solo” 8400 euro per coprire i costi di una nave militare che fa fare avanti e indietro dall’Albania a una ventina di poveri cristi appena ripescati dal mare…