Scampato il pericolo, come prevedibile, il segretario dem Nicola Zingaretti ha alzato la posta, accompagnando il sospirone di sollievo per il pareggio col centrodestra alle regionali che – almeno per ora – rende meno traballante la sua posizione al Nazareno, con una serie di rivendicazioni all’indirizzo del principale alleato di governo (il Movimento 5 stelle) visto che con Conte sembra quasi che le dichiarazioni siano state concordate. O quantomeno i due non si pestano i piedi: per entrambi, scongiurata l’ipotesi rimpasto, la priorità adesso sono i decreti sicurezza da modificare al più presto e la riapertura di una discussione sullo Ius soli. Tema questo che non ha mai scaldato l’opinione pubblica e tantomeno è destinato a farlo in un periodo segnato dalla crisi sanitaria ed economica innescata dalla pandemia.
Migranti e diritti, dunque, le priorità di Zingaretti: “Al primo Cdm utile si può procedere sui decreti sicurezza, nel governo va aperta una fase nuova”, parole a cui fanno eco quelle del premier: “Li portiamo (i decreti sicurezza, ndr) al più presto in Cdm. Abbiamo le idee chiare e un testo di modifica è stato concordato già prima dell’estate perché vogliamo assicurare ai cittadini italiani la sicurezza, non ragionare con slogan tipo porto aperto, porto chiuso”. Al netto della frecciata all’ex ministro Salvini che quei decreti li ha firmati, Conte citando un “testo concordato” si riferisce all’intesa fra Pd e M5s trovata nel luglio scorso al termine di una riunione al Viminale tra la ministra Lamorgese e gli esponenti di maggioranza.
In ogni caso gli alleati di governo non sono sempre stati d’accordo sulla revisione dei decreti Salvini: mentre i dem chiedevano di eliminare le multe milionarie alle Ong, reintrodurre la protezione umanitaria e i programmi di accoglienza Sprar, i pentastellati si sarebbero limitati ad accogliere i rilievi del presidente della Repubblica. La strada quindi potrebbe non essere così in discesa. Come del resto, non lo sarà sul Mes, altro tema “caldo” che rischia di destabilizzare ancor di più gli equilibri all’interno del Movimento, che sul salva Stati resta ufficialmente contrario. Non a caso, Conte non si espone e prende tempo: “Dire di sì o no adesso al Mes è una questione pregiudiziale su cui non mi pronuncio. Se e quando ci sarà il problema lo affronteremo in Parlamento in piena trasparenza”. Un modo elegante per posticipare una grana.