Dalla berlusconiana Mariastella Gelmini al leghista Massimo Garavaglia, sono tanti i ministri che hanno fallito i target fissati sull’emanazione di decreti attuativi fissati da Palazzo Chigi. E lo stesso presidente del Consiglio, Mario Draghi, deve chiedere un nuovo impulso ai suoi funzionari, indietro rispetto alla road map.
Gelmini, a capo del Dipartimento degli affari regionali, nel primo trimestre del 2022 è in testa alla graduatoria dei “bocciati” in materia: ha adottato solo il 33,3 per cento dei provvedimenti richiesti. Un dato ancora più singolare visto che la presidenza del Consiglio ne aveva chiesti appena tre ai suoi uffici. Alla fine è stato diffuso un solo decreto, stando ai numeri aggiornati al 31 marzo. Il sottosegretario, Roberto Garofoli, ha presentato la relazione con questi dati, che La Notizia ha visionato, nell’ultimo Consiglio dei ministri.
I numeri dei decreti attuativi
La media di tutti i ministeri è incoraggiante, attestandosi al 77 per cento degli obiettivi raggiunti. Manca quindi all’appello un 23 per cento, che ovviamente è caratterizzato da squilibri. Se la Gelmini è quella messa peggio, non può certo sorridere il ministero del Turismo, affidato a Garavaglia. I decreti adottati coprono la metà di quelli richiesti. In termini numerici ne sono stati emanati appena 2 e non 4 come indicato a inizio anno. A gennaio il dicastero affidato all’esponente della Lega fa segnare un imbarazzante zero nella casella dei provvedimenti terminati.
Lo stesso Draghi deve pretendere una scossa, visto che pure Palazzo Chigi ha centrato solo il 50 per cento dell’obiettivo: sono reperibili soltanto 6 a fronte dei 12 prescritti. Stando alla documentazione, il ritardo è stato accumulato nei mesi di gennaio e febbraio. Il tentativo di “recupero” a marzo non è stato sufficiente. Dietro al podio dei bocciati, ci sono altri ministri che non possono ritenersi soddisfatti.
I ministri promossi e bocciati
Il ministero delle Infrastrutture e delle mobilità sostenibili, affidato a Enrico Giovannini, ha coperto il 55 per cento del target fissato. Certo la mole dei decreti da emanare era notevole, 38, e solo 21 sono finiti in Gazzetta ufficiale. Nel caso specifico a gennaio e marzo la struttura ministeriale è andata troppo a rilento rispetto alle indicazioni.
Sulla stessa percentuale si attesta il Ministero della Giustizia di Marta Cartabia. Nel caso specifico la situazione è più grave: c’erano da completare solo 9 provvedimenti. Non brilla nemmeno Vittorio Colao. Il suo dipartimento si è fermato al 57 per cento (4 adottati contro 7 richiesti) così come non può essere promosso Giancarlo Giorgetti: il Mise ha raggiunto il 63 per cento, su 22 testi attesi solo 14 sono finiti in Gazzetta ufficiale.
Una nota di merito va a Fabiana Dadone, titolare delle Politiche giovanili, che ha fatto segnare un 200 per cento nel trimestre, e anche a Dario Franceschini, numero uno del ministero della Cultura, che ha chiuso i primi mesi del 2022 con un 180 per cento.
Rispetto al passato, comunque, il quadro sui decreti attuativi è in miglioramento. In poco più di un anno, ne sono stati emanati 955. Eppure non è sufficiente, perché tante volte i ritardi riguardano misure centrali per l’economia, come ha già raccontato La Notizia sulla legge di Bilancio largamente inattuata.
Per dare un’ulteriore spinta, comunque, sono stati fissati nuovi target per il mese di aprile: la quantità maggiore, come facilmente prevedibile per il ruolo occupato, spetta al Mef e al Mims, con 12 provvedimenti totali da pubblicare, seguiti dal Mite chiamato ad adottarne almeno 11. Un lavoro immane per evitare ulteriori accumuli dei ritardi.