Sull’eventuale decadenza della presidente della Sardegna, Alessandra Todde, dovrà decidere la Corte Costituzionale. Lo ha stabilito ieri il Consiglio regionale sardo, chiamato a votare la mozione presentata dalla maggioranza di centro-sinistra che impegna la giunta a sollevare un conflitto di attribuzioni con lo Stato davanti alla Consulta. Mozione passata con i soli voti della maggioranza, visto che l’opposizione aveva abbandonato l’aula in polemica.
Assente anche lei, la Governatrice Todde, che dovrebbe decadere – insieme all’intero Consiglio regionale – dopo l’ordinanza del Collegio regionale di garanzia elettorale che aveva rilevato inadempienze sulle spese tenute durante la campagna elettorale. Sette i punti rilevati dall’organo collegiale, dei quali due ritenuti tanto gravi da decretarne la decadenza: una bolletta dell’Enel pagata, ma non dichiarata, da 153 euro, e la mancata nomina di un fiduciario elettorale.
Le polemiche sul verdetto del Collegio di Garanzia
Un verdetto che aveva sollevato furiose polemiche, perché, secondo i legali della Todde, era stato preso a maggioranza (4 voti contro 3), con il voto determinante della Presidente della Corte d’Appello, Gemma Cucca, pensionanda, ma, soprattutto, sorella del coordinatore regionale di Azione (oppositore politico della Governatrice), Giuseppe Luigi Cucca, ex Pd, oggi segretario di Azione, l’uomo che l’ex presidente Christian Solinas aveva chiamato a guidare la burocrazia regionale (incarico accettato e poi lasciato tra le polemiche).
Di quel collegio faceva inoltre parte anche il commercialista Tullio Conti, che aveva partecipato alla campagna elettorale contro la Todde, sostenendo il figlio candidato con Forza Italia alle regionali.
Non un voto su Todde ma sull’autonomia della Sardegna
Al di là delle polemiche sul verdetto, secondo la maggioranza di centrosinistra, un organo amministrativo dello Stato centrale non può determinare la decadenza di un intero corpo elettorale, stravolgendo le chiare intenzioni di voto, di una regione a statuto autonomo, come è la Sardegna. Concetto espresso nella mozione votata ieri.
Come ha spiegato il capogruppo del Pd, Roberto Deriu, primo firmatario della mozione: “Su questa vicenda ho sentito parlare di giudici, ma qua non c’è nessun giudice, c’è un accertamento amministrativo che secondo alcune leggi produce delle conseguenze”. E al di là di come “queste leggi sono state interpretate, e sono state utilizzate in questo caso di specie, esiste un problema fondamentale: cioè capire se nel nostro ordinamento ci può essere una legislazione che consente allo Stato, attraverso un organo di amministrazione, di mettere in dubbio il risultato del voto popolare”.
Questo, avverte il dem, “è un momento alto della storia del Consiglio regionale, è un confronto alto tra l’Autonomia speciale della Sardegna e l’istituzione Stato, attraverso un suo organo amministrativo periferico”.
Michele Ciusa (M5s) ha poi aggiunto: “Il Collegio di garanzia non può accettare, ingiungere, imporre e anche solo proporre la decadenza del presidente della Regione con ciò disponendo indirettamente l’automatica dissoluzione del Consiglio. Questa mozione riguarda tutti noi – ha chiarito l’esponente pentastellato -, perché tutti noi siamo l’espressione del voto popolare e tutti noi, colleghe e colleghi, portiamo avanti il mandato affidatoci dei nostri cittadini sardi”.
Il centrodestra: “Non votiamo la Salva-Todde”
Per il centrodestra, quella approvata ieri è una mozione “Salva Todde”, “un tentativo di prendere tempo davanti al rischio di nuove elezioni, ma noi siamo prontissimi a tornare al voto, anzi ci auguriamo a questo punto che avvenga quanto prima perché questa legislatura, oggi lo possiamo certificare, non è mai iniziata”, ha spiegato il capogruppo di FdI Paolo Truzzu, il candidato battuto da Todde alle ultime regionali. “Questa ‘mozione magica’ serve solo a difendere l’indifendibile, non si può continuare a negare che il pasticcio lo hanno creato loro”, sottolinea Piero Maieli per Forza Italia.