In un Paese “normale”, se un programma di inchiesta della Tv pubblica risulta il più visto in una prima serata della domenica, sbaragliando la concorrenza con il 13,8% di share (cioè 2.643.000) spettatori, i vertici di quella tv pubblica stappano lo champagne e aumentano lo stipendio dei propri giornalisti.
Ma in un Paese “normale” non esisterebbe TeleMeloni. E così, in Paese “anormale” qual è l’Italia, se Report fa il pieno di ascolti, la maggioranza ne vuole la chiusura… Chiusura peraltro invocata ancora prima che andasse in onda la prima puntata della stagione. Un po’ per il terremoto politico causato dalle anticipazioni degli argomenti che Sigfrido Ranucci & Co. avrebbero trattato, un po’ per le accuse di influenze sul voto ligure, visto che la trasmissione ha raccontato alcuni aspetti dell’inchiesta Toti e del “sistema Liguria”.
Report equidistante: ha menato centrodestra e centrosinistra liguri
In realtà, Report, è stato equidistante, nel senso che domenica ha menato tanto sul centrodestra, quanto sul centrosinistra, approfondendo le unghie anche nei conflitti di interesse che attanagliano il Pd a Genova. Un’equidistanza che ha dimostrato, ancora una volta, come Report non parteggi per questa o quella parte politica, ma per il giornalismo investigativo.
Così, se sono comprensibili le accuse mosse a Ranucci dal “patteggiatore” Giovanni Toti (“Ho visto su Report‘una gigantesca serie di calunniose suggestioni, notizie già note che, chissà perché, meritavano di essere trasmesse, montate ad arte tra il primo e il secondo giorno di voto in Liguria. Un racconto fatto di indagati già colpevoli, di mafiosi solo perché siciliani, di maleducazione spacciata per giornalismo, di furore politico elevato a deontologia”), lo sono meno quelle provenienti dalla maggioranza.
Le invettive del meloniano Mollicone
“Il giornalismo d’inchiesta ha un ruolo importante, ma quello di Report spesso non lo è. È quello che io definisco il ‘giornalismo di mio cuggino’, con due ‘g’ alla romana: mio “cuggino” dice, sussurra, rivela… Tutto fondato su indiscrezioni o fonti interessate a fare a pezzi l’immagine del malcapitato di turno. Ma questo non è giornalismo d’inchiesta”, ha commentato ieri il melonianissimo presidente della Commissione Cultura della Camera ed esponente di FdI, Federico Mollicone (quello che aveva dichiarato guerra a Peppa Pig, perché emblema della cultura transgender…).
Gasparri si era appellato all’AcCom
Oppure le scomposte urla di Maurizio Gasparri, che aveva chiesto all’AgCom di bloccare la puntata per una supposta violazione del silenzio elettorale (che vale per i partiti, ma non per i giornalisti). Tanto che si era sentito rispondere dalla stessa Authority: “AgCom non ha alcun potere preventivo sulle trasmissioni. Il potere preventivo ce l’ha solo la prefettura”. Lo dicevamo, non siamo in un Paese normale.
TeleMeloni: una infinita lista di flop
Se lo fossimo, un programma (fortemente voluto dalla destra che controlla la tv pubblica) in prima serata che non raggiunge neanche l’1% di share o che a stento lo supera, sarebbe stato soppresso e si sarebbe fatto di tutto per eliminarlo dalla memoria collettiva (senza troppi sforzi). Invece, siccome siamo in TeleMeloni, l’imperdibile (per pochi) “L’Altra Italia” dell’ex Iena Antonino Monteleone (33 puntate assicurate) non solo continua ad andare in onda, ma viene anche difeso da viale Mazzini.
E non si tratta di un caso isolato, visto che i flop della Rai meloniana, ormai, non si contano più: da lo “Stato delle cose” di Massimo Giletti che su Rai 3 annaspa sul 4,5%, a “A casa di Maria Latella”, che fa anche peggio, fermandosi attorno al 3%. Discorso a parte merita il comico più amato da Giorgia e Arianna, Pino Insegno, in grado prima di azzerare lo share de “Il mercante in Fiera” su Rai 2, poi di sbarcare si Rai 1 e affossare una corazzata come “Reazione a Catena”.
Ma la lista dei flop non sarebbe completa se non si aggiungesse “Questione di stile” di Elisabetta Gregoraci (sì, c’è anche lei il giovedì su Rai 2, anche se in pochissimi se ne sono accorti) o “Avanti Popolo”, il format chiuso per mancanza di spettatori di Nunzia De Girolamo.
Ma Paolo Corsini rimane al suo posto
E, se proprio fossimo un Paese normale, il principale responsabile di buona parte di questa debacle del servizio pubblico, il direttore dell’Approfondimento Rai, Paolo Corsini, sarebbe quanto meno in discussione. Invece resta al suo posto, nonostante insuccessi e insulti i colleghi. Perché siamo nel Paese di TeleMeloni e allora vale tutto.