In Gran Bretagna la premier ha fatto marcia indietro rispetto alla promessa di tagliare le tasse ai più ricchi. Domenico De Masi, sociologo del lavoro tra i più accreditati in Italia, crede che da noi con il centrodestra al governo verranno messe a terra politiche a favore di chi ha di più a svantaggio dei più fragili?
“Rispetto all’Inghilterra siamo un poco meno sguarniti nei confronti del neoliberismo. Mentre la destra inglese è composta infatti in toto da neoliberisti, quella italiana è divisa in due blocchi. Quello di Berlusconi e Salvini è caratterizzato da una visione neoliberista, quella rappresentata da Meloni e da Fratelli d’Italia, che per tradizione ha avuto come ascendente il fascismo, è al contrario una destra molto statalista. E queste due visioni entreranno sicuramente in conflitto. Sulla flat tax per esempio mentre Meloni ha una visione correlata ai redditi, Salvini e Berlusconi parlano di flat tax pura che è una tassa piatta che tratta tutti come se avessero lo stesso patrimonio. Se è fedele al blocco ideologico dal quale proviene, Meloni si distinguerà da Lega e Forza Italia e credo che vincerà lei”.
Quindi dobbiamo sperare nella Meloni per arginare il neoliberismo?
“Dobbiamo sperare soprattutto nella resistenza che farà la sinistra. Meloni in Parlamento è forte ma nel Paese è debole, se si considerano quelli che non sono andati a votare e quelli che hanno votato contro”.
Ma il pericolo di avere con le destre politiche a vantaggio dei più ricchi esiste?
“Certo, quello c’è sempre. Anche il fascismo ha fatto politiche a vantaggio dei più ricchi. In nessun paese al mondo i ricchi sono stati svantaggiati. Gli unici due paesi che nel recente passato hanno visto aumentare il livello retributivo delle classi basse sono stati il Brasile di Lula e la Cina. Tutti gli altri hanno visto aumentare le differenze tra ricchi e poveri. L’avversione che c’è stata soprattutto dai tre partiti di destra verso il Reddito di cittadinanza – che è stato ritenuto un errore, qualcosa da abolire, modificare e attenuare – ci dice che i poveri non interessano a molti. Il Reddito di cittadinanza ha incontrato solo critiche e oppositori da – fatta eccezione per il M5S – tutti i partiti e tutti i media. C’è stata una gara a parlarne male senza magari aver mai letto la legge istitutiva”.
Da gennaio 2021 a maggio 2022 sono stati scoperti illeciti sul Reddito di cittadinanza per 288 milioni. Non sembrano grandi numeri considerando che la spesa annuale del reddito viaggia sui 7,5-8 miliardi l’anno.
“Ma certamente. E si consideri pure che l’Italia è stato l’ultimo Paese dell’Ocse ad averlo introdotto e dà il sussidio più basso in assoluto. Chi truffa lo fa su un importo minimo. E comunque le truffe legate al Reddito di cittadinanza sono meno dell’1% di quelle totali ai danni dello Stato. Ci sono molti più furbi tra quanti evadono il fisco”.
Eppure il centrodestra continua a parlare di pace fiscale.
“Che significa tante cose. Come i condoni per esempio. Che sono sempre in favore di chi dovrebbe pagare il fisco e non lo fa”.
Giuseppe Conte ha detto che togliere il Reddito di cittadinanza rischia di scatenare una guerra civile.
“Il welfare – vale a dire gli aiuti ai poveri, ai lavoratori infortunati, alle vedove, agli orfani – l’ha inventato la destra. Bismarck ha inventato il welfare. Proprio per impedire la guerra civile, in una fase in cui il socialismo era molto forte. Quando Conte evoca il rischio di una guerra civile si rifà ai motivi per cui il welfare è stato adottato anche dai governi di destra. Noi abbiamo 3 milioni e 700 mila persone che mangiano grazie al Reddito di cittadinanza. Non ha senso dire che bisogna dare il lavoro e non il sussidio. Perché intanto su 5 milioni di poveri tre milioni hanno diritto al sussidio perché minorenni, disabili, vecchi. Per quelli che potrebbero lavorare, invece, mentre si trova loro un’occupazione – e questa non si trova – il sussidio è l’unica fonte di sopravvivenza. Non si può toglierlo, sarebbe una follia. Ma sono sicuro che non accadrà. Meloni gli cambierà nome, farà qualche ritocco e poi lo lascerà. Lo stesso Draghi ha detto che è necessario”.
Oltre al Reddito di cittadinanza si vuole mettere mano anche ai bonus edilizi, come il Superbonus che ha trainato la ripresa.
“Anche lì, vedrà, cambieranno nome ai bonus ma li lasceranno. Del resto li chiedono tutti. La politica dei bonus è l’unica valida nei periodi di grande crisi. Non solo i poveri, anche i ricchi hanno in continuazione ristori, bonus. Tutti invocano dallo Stato aiuti e lo faranno ancora con la crisi energetica in atto”.
Che rapporto c’è tra la precarietà e la compressione dei salari?
“Sono due fenomeni che spesso vanno insieme e spesso no. Noi siamo il Paese che ha avuto meno aumenti salariali da 30 anni a questa parte. Ma anche nei Paesi in cui il salario è aumentato è aumentata anche la precarietà. Anche chi guadagna molto può essere licenziato da un giorno all’altro. La precarietà dipende da tecnologie che sostituiscono i lavoratori, dalla globalizzazione, dall’economia neoliberista che è basata sulla concorrenza. Il dna del neoliberismo è l’incremento delle disuguaglianze a causa della precarietà. Siamo tutti precari e lo si è visto con l’abolizione dell’articolo 18 che era una barriera contro la licenziabilità. Che, ricordiamo, è stato abolito dal governo Renzi e non da un governo di destra. Alleati e complici della precarizzazione sono state le sinistre”.
Serve una politica del lavoro globale?
“Se uno ha 10 dipendenti e un computer che ne sostituisce due si hanno due soluzioni: o si licenziano due dipendenti o si riduce il lavoro del 20% a tutti. La Germania ha fatto così. In Italia abbiamo 40 ore, in Germania, man mano che aumentava la automazione del lavoro, riducevano l’orario. I metallurgici sono arrivati a 28 ore. La conseguenza è che in Germania l’occupazione è l’80%, in Italia al 60%, 3,8% il tasso di disoccupati da loro, l’8% da noi. L’unico modo per contrastare la disoccupazione tecnologica è ridurre l’orario di lavoro e, poi, per combattere il fenomeno del lavoro povero, introdurre il salario minimo”.
Il centrodestra potrebbe farlo?
“Il problema è avere una destra intelligente o ottusa. Ma, prima ancora, le politiche del lavoro dipendono dagli imprenditori e i nostri sono tra i più ottusi d’Europa. Vedi come hanno accolto a malincuore lo smart working”.
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