Il governo Meloni non appare intenzionato a prorogare il contratto ai navigator, cioè a quei lavoratori assunti a tempo determinato nel 2019 con il compito di aiutare i percettori del Reddito di cittadinanza a trovare lavoro. Professor Domenico De Masi, sociologo del Lavoro, quali le conseguenze di questa scelta?
“Il primo problema è il destino di questi giovani che sono stati presi in giro da tutti. Il secondo è il rischio di demandare tutto alle agenzie private. Bisogna partire da una considerazione. I centri per l’impiego sono indispensabili nel mercato del lavoro post industriale in cui l’occupazione è precaria. Avere la sicurezza di un salario e di un posto è fondamentale e questo lo possono assicurare solo i centri per l’impiego che in Italia, però, sono un disastro. Basti pensare che in Germania occupano 111mila persone da noi 9mila. In Germania per mantenerli si spendono 12 miliardi l’anno da noi 850 milioni. Quando fu istituito il Reddito di cittadinanza si pensò che era necessario creare figure professionali che erano i navigator che facessero da centro per l’impiego per i suoi percettori. Fu fatto un concorso a cui si presentarono in 35mila candidati. Furono selezionati i migliori, che vennero formati con un corso ad hoc. Dunque si può dire che erano gli assunti dalla Pa meglio scelti e meglio preparati. Ma questi navigator dovevano essere assunti dalle varie regioni. Alcuni hanno lavorato benissimo come in Toscana. Diversamente in Campania il governatore non si è mai interessato a loro. E alla fine non solo non sono stati assunti a tempo indeterminato ma rischiano ora di essere definitivamente scaricati. E questo nonostante siano stati utilissimi, perché hanno trovato il lavoro a oltre 370mila persone. Ma scaricarli non solo è uno spreco per lo Stato che ha investito energie su di loro per formarli ma anche un modo per avvantaggiare le agenzie private”.
Il governo vuole sforbiciare il Reddito di cittadinanza agli occupabili, che in realtà su 3,6 milioni di persone sono appena 660mila.
“E quando si dice occupabili non si parla di bocconiani o di laureati alla Luiss ma di persone quasi tutte al limite della scolarità, analfabeti di ritorno, da anni magari privi di occupazione. Sono persone in realtà poco occupabili. Meloni vuole mantenere il sussidio a chi è inabile al lavoro ma non dice nulla dei lavoratori poveri che hanno un’integrazione salariale dal Reddito e non si pone il problema di come possano campare quanti sono occupabili ma in attesa di trovare un lavoro. Cosa faranno mentre cercano e non trovano? Moriranno di fame oppure andranno a rubare o diventeranno manovalanza per la mafia: questi i rischi”.
Meloni ha definito il salario minimo uno specchietto per le allodole.
“Non ci dobbiamo meravigliare. Fa cose di destra così come aveva annunciato. Diventerà una vera e propria fascista. Come Bolsonaro in Brasile”.
Ci dobbiamo dunque aspettare uno smantellamento del welfare?
“Non ho il minimo dubbio. Eppure Meloni teoricamente sarebbe statalista come tutti i regimi autoritari che fanno il welfare per tenere buone le masse, diversamente da Salvini e Berlusconi che sono neoliberisti. E invece le cose che sta facendo Meloni sono più neoliberiste di quanto di potesse immaginare. Quando avrà bisogno di soldi non avrà nessuno scrupolo a smantellare il welfare”.
È immaginabile che le opposizioni riescano a convergere in un fronte unitario?
“Ogni opposizione dovrebbe procedere per la sua strada. Il Pd dovrebbe curare il suo elettorato borghese. Meglio che i borghesi votino Pd che non la Meloni. Il M5S dovrebbe curare l’elettorato proletario. Mentre De Magistris e gli altri dovrebbero parlare alla sinistra più radicale e più movimentista. Come ci sono tre destre ci vorrebbero tre sinistre che poi si presentassero alle elezioni unite. Ma andare ognuno per la sua strada significa studiare, elaborare un modello di società proponibile e farsi carico di quei 14 milioni di poveri che non sembrano interessare più a nessuno”.