Si sente dire spesso che in tempo di guerra, l’arma più forte è la parola. Difficile dar torto a questo motto popolare che trova conferma in ogni conflitto, incluso quello mediorientale. Già perché dopo giorni in cui i mass media occidentali hanno raccontato raccapriccianti dettagli della mattanza all’interno del kibbutz Kfar Aza, concentrandosi sulle presunte decapitazioni di bambini, qualcosa sembra non tornare. Proprio l’agghiacciante dettaglio sui minori al momento non solo non trova alcuna conferma ufficiale ma addirittura sonore smentite.
In tempo di guerra l’arma più forte è la parola. Ma dal ruolo dell’Iran alla strage nel kibbutz, la prima sconfitta è sempre la verità
Primi a negare questo brutale atto sono stati i miliziani di Hamas: “Affermiamo categoricamente la falsità delle accuse inventate promosse da alcuni media occidentali, che adottano in modo non professionale la narrativa sionista piena di bugie e calunnie contro il nostro popolo palestinese. L’ultima delle quali è stata l’affermazione di aver ucciso bambini, decapitandoli”. Certo qualcuno potrebbe obiettare che un comunicato simile abbia ben poca valenza perché a parlare sono quei miliziani che hanno portato a termine la mattanza in cui sono morte almeno 200 persone, peccato che a nutrire dubbi sulle decapitazioni sia lo stesso esercito israliano che all’agenzia stampa turca Anadolou ha detto: “Non abbiamo conferma circa i bambini decapitati da Hamas”.
Ben inteso questo non significa che le decapitazioni siano state inventate, al contrario bisognerà effettuare quanto prima un’attenta analisi per accertare se ci sono state o meno, ma chiaramente è la prova di come in tempo di guerra l’informazione debba essere presa con le pinze. Tra l’altro è curioso che mentre i media occidentali hanno pubblicato la notizia delle decapitazioni, con ben poche eccezioni tra cui il Washington Post, il quotidiano israeliano Haaretz non ne ha fatto menzione limitandosi a descrivere la zona dell’orrore parlando di “scene da un massacro” e di “macellazione”.
Il sabotaggio del gasdotto russo o i missili sui mercati ucraini non hanno insegnato nulla
Insomma in attesa di capire cos’è realmente successo a Kfar Aza, la speranza è che questo dettaglio sulle decapitazioni sia stato solo un abbaglio. Come rischia di essere una bufala anche l’indiscrezione del presunto coinvolgimento diretto dell’Iran nella pianificazione del vile attentato di sabato scorso. Anche qui le cose potrebbero essere molto diverse tanto che l’intelligence degli Usa ha detto ieri di “non aver trovato nessuna prova che dietro gli attacchi ci sia” la Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei.
Insomma ogni conflitto è pieno di fake news e lo abbiamo già visto con la guerra in Ucraina, evidentemente senza apprendere alcuna lezione. Un caso su tutti è l’attacco al gasdotto Nord Stream che per mesi è stato addebitato alla Russia, salvo poi fare retromarcia il 21 dicembre 2022 quando il Washington Post ha demolito mesi di propaganda rivelando: “Dopo mesi di indagini, numerosi funzionari affermano in privato che la Russia potrebbe non essere responsabile”.
Stessa storia con la vicenda del missile piovuto sul mercato di Kostiantynivka il 6 settembre 2022 che per mesi è stato attribuito al Cremlino, con il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky che lo portava ad esempio della “disumanità assoluta” della Russia. Peccato che la storia è crollata come un castello di sabbia quando il New York Times, con un’analisi dettagliata, ha dimostrato che il razzo in realtà era stato sparato dagli ucraini, costringendo Zelensky a fare dietrofront e ammettere l’errore.