Nella lunga lista delle competenze che le Regioni, con il progetto di Autonomia differenziata della Lega, possono chiedere allo Stato di gestire rientrano anche “la produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”. Le Regioni potranno decidere le procedure di Via, le valutazioni di impatto ambientale, se autorizzare nuove ricerche ed esplorazioni, e anche se trattenere gettito sul territorio.
Tra le competenze delegate dall’Autonomia differenziata anche gas ed elettricità. Ma i veti incrociati Nord-Sud possono bloccare l’Italia
Un vero caos che farebbe saltare in aria tutto il quadro normativo attuale con il rischio di bloccare investimenti e progetti. E questo è ancora più grave se si considera che siamo in piena crisi energetica. E in barba agli stessi progetti ambiziosi della premier che vorrebbe ritagliare per l’Italia il ruolo di hub dell’energia per l’Europa.
L’obiettivo – ha ribadito ieri Giorgia Meloni – è quello di fornire il gas naturale ma anche l’idrogeno verde. “Data l’interconnessione energetica è un lavoro che facciamo in un’ottica europea”. Altro che ottica europea verrebbe, però, da obiettare dal momento che il suo governo ha deciso di demandare alle singole regioni scelte strategiche come quelle sull’energia.
L’economista Giuseppe Pisauro, già presidente dell’Upb, l’Authority sui conti pubblici, in un’intervista a Il Messaggero ha sostenuto che bisogna fare molta attenzione perché ci sono materie che non possono essere gestite a livello regionale. Tra queste ha citato proprio la produzione, distribuzione e trasporto nazionale di energia. Sulla stessa onda il presidente di Confindustria.
“L’esperienza, specialmente negli ultimi anni, – ha detto Carlo Bonomi – ci ha insegnato che alcune materie molto probabilmente vanno affrontate in una dimensione non solo nazionale ma anche europea, parlo delle grandi infrastrutture energetiche, di trasporto. Quindi su quelle noi chiediamo di fare una riflessione”.
In particolare, per quello che riguarda l’energia, si potrebbe creare una spaccatura forte tra le regioni meridionali dove si concentrano i gasdotti, come il Tap in Puglia – di cui si vorrebbe aumentare la portata – che mandano il gas verso Nord, e le regioni settentrionali, come Veneto e Lombardia che ricevono l’energia elettrica dalla Francia e la dirottano poi verso Sud. In una sorta di veti incrociati si potrebbero creare strozzature e imbuti che metterebbero in crisi lo stesso sistema di approvvigionamento e distribuzione di energia su tutto il territorio nazionale.
Urlano vendetta anche materie come l’istruzione e la sanità
Urlano vendetta anche materie come l’istruzione e la sanità nel progetto di spezzatino che ha in mente la Lega. La Fondazione Gimbe ha detto che il Regionalismo differenziato di Calderoli rappresenta un “colpo di grazia al Servizio sanitario nazionale e la legittimazione normativa delle diseguaglianze nella tutela della salute”. E all’unisono, camici bianchi, società scientifiche e Federazione nazionale degli ordini dei medici (Fnomceo) bocciano la riforma leghista con cui la sanità diventerà “una cosa per ricchi”.
Una protesta che porta lo stesso ministro della Salute, Orazio Schillaci, a mettere le mani davanti. Il tecnico di area FdI lancia un monito chiedendo che le Regioni siano in qualche modo “guidate dal ministero della Salute” che, a suo dire, deve avere “non solo un potere di indirizzo e distribuzione dei fondi ma deve anche sostenere un meccanismo virtuoso insieme alle Regioni per capire chi lavora meglio e aiutare chi è in difficolta o non riesce a lavorare così bene”.
“Se in alcune Regioni il livello di assistenza sanitaria è scadente, non è per l’autonomia, che non c’è, è per l’incapacità di alcuni governatori, penso a De Luca ed Emiliano, che – attacca Matteo Salvini – chiacchierano e per anni non hanno fatto nulla”. L’ex ministro Stefano Patuanelli (M5S) defenisce il ddl “un’altra porcata di Calderoli”.