Dalle nomine ai contratti alla tutela delle fonti, la Rai è una polveriera

Tra scontri politici, budget invernale a rischio e mancata tutela dei giornalisti, la Rai è una polveriera pronta a esplodere

Dalle nomine ai contratti alla tutela delle fonti, la Rai è una polveriera

Acque molto agitate ai piani alti di Viale Mazzini. Dalla guerra (per nulla sotterranea) tra l’Ad meloniano Giampaolo Rossi e il consigliere di amministrazione anziano, il leghista Antonio Marano, presidente pro-tempore grazie all’impasse sulla nomina di Simona Agnes, ai budget (risicati a causa dei contratti sottoscritti l’anno scorso con conduttori molto graditi al centrodestra, ma molto meno al pubblico) per i palinsesti invernali, fino alla mancata tutela delle fonti giornalistiche denunciata da Sigfrido Ranucci, sono numerosi i fronti che  rendono incandescenti i corridoi di TeleMeloni.

Marano “frega” Rossi sulla nomina di Calandrelli a Rai Pubblicità

Dai via Asiago (dove i vertici Rai sono momentaneamente ospitati data l’inagibilità di Viale Mazzini, causa amianto) filtra l’enorme irritazione di Rossi per la mancata nomina di Silvia Calandrelli (area dem) alla presidenza di Rai Pubblicità. I documenti non sarebbero stati consegnati in tempo al Cda di mercoledì scorso, quindi Marano ha sospeso tutto, rimandando la nomina a tempi futuri. L’ennesimo sgarbo del leghista all’Ad, ma anche ennesimo segnale della frizione tra FdI e Lega.

Quei contratti a “minimo garantito” che pesano sui budget invernali

Ma non sono solo le faide interne alla maggioranza a rendere l’ambiente Rai esplosivo. La bomba, pronta a deflagrare, riguarda i palinsesti invernali del servizio pubblico. O meglio, i soldi per i palinsesti. O meglio ancora, la mancanza di soldi per i palinsesti. Che saranno meno dell’anno precedente, dato che gran parte del budget è già stato impegnato per i contratti dei conduttori cooptati perché vicini alla maggioranza.

Pagati anche se non vanno in onda

I nomi sono noti: Antonino Monteleone, Massimo Giletti, Maria Latella, che vantano tutti contratti (“pesanti”) caratterizzati dalla clausola del “minimo garantito”, ovvero prenderanno i cachet previsti indipendentemente dalla loro messa in onda. E, siccome nella scorsa stagione i programmi dei “cooptati” non hanno certo brillato per share (quando non sono stati proprio soppressi), la Rai si trova ora a dover imbastire una programmazione ex-novo, ma con fondi ridotti.

Così, il rischio più che reale è che in Viale Mazzini si viva il paradosso di dover tagliare i budget a programmi che vanno bene in termini di ascolti, per recuperare quelle risorse immobilizzate per i contratti a minimo garantito. Una situazione che, si mormora nei corridoi dell’azienda, che potrebbe finire sotto la lente della Corte dei Conti.

La questione fonti giornalistiche da tutelare

Altro fronte di scontro riguarda la tutela delle fonti giornalistiche a rischio, come denunciato da Sigfrido Ranucci, dopo la circolare diramata mercoledì dall’Ad Rossi, la quale impone a tutti i filmaker esterni all’azienda di caricare tutto il materiale girato su un’unica piattaforma aziendale. In pratica un unico contenitore dove chiunque potrebbe vedere tutto, senza filtri. Inoltre, spiegano fonti Rai, se veramente tutte le trasmissioni caricassero le loro centinaia di ore di immagini su quella piattaforma intranet (che già oggi non funziona), ci sarebbe il serio rischio che i server collassino dopo pochi giorni, non essendo stata implementata l’infrastruttura tecnologica.

L’usigrai all’assalto di Rossi

L’allarme lanciato, come detto, mercoledì dal conduttore di Report è stato raccolto ieri dall’Usigrai: “Il Sistema di archiviazione delle immagini dei filmaker esterni, per i servizi e le inchieste dei programmi delle Direzioni di Genere, non presenta alcuna garanzia per la protezione delle fonti giornalistiche”, scrive il sindacato in una nota.

“Condividiamo l’allarme del Cdr Approfondimento e di Sigfrido Ranucci sul rischio di violazione delle prerogative di riservatezza del lavoro delle giornaliste e dei giornalisti”, aggiunge il sindacato, “in particolare sulle inchieste è evidente la necessità che immagini e interviste rimangano nella più stretta riservatezza almeno fino alla loro messa in onda”.

E, circa le rassicurazioni dei vertici Rai che smentivano ogni volontà di controllo e parlavano di mere necessità di archiviazione, l’Usigrai aggiunge: “Ci sorprende che l’Azienda voglia derubricare tutto ad una mera esigenza di archiviazione e protezione del patrimonio aziendale. Chi dirige la Rai sa bene in cosa consista il materiale prodotto dai filmaker e comprende certamente le esigenze giornalistiche di tutela del prodotto e di chi ci lavora. La scelta di far passare il tutto come un fatto tecnico lascia più di un dubbio su come viene gestito questo processo”.

Per questo il sindacato conclude chiedendo all’azienda “un immediato confronto su tutta la materia, al fine di prevedere una adeguata organizzazione dei sistemi di archiviazione e le necessarie garanzie alla riservatezza del lavoro giornalistico con particolare attenzione al lavoro di inchiesta”.