Le parole dovrebbero avere un peso, specie se si è personaggi pubblici, tanto più se politici. Ed è per questo che frasi del tipo “la Azzolina deve andare a casa, le diamo un banco a rotelle per fare un giro in Piazza del Campo” o, ancora, “averle affidato la scuola è un delitto”, non sono semplici critiche, ma sono frasi che travalicano il confine dell’agone politico. A pronunciarle sempre lui, Matteo Salvini. Lo stesso Matteo Salvini che pochi giorni prima di queste frasi (pronunciate solo ieri), per il mero gusto di attaccare ancora una volta Lucia Azzolina, aveva definito le aule post-Covid come dei “lager”.
Una vergogna solo a pensare un accostamento tanto scellerato come quello operato dal leader leghista. Ed è proprio questo il punto: per attaccare sempre e comunque, ogni giorno, ogni ora, Salvini ha perso di mira quale sia il confine della rivalità politica e, probabilmente, neanche si rende conto più di fare accostamenti brutali e scellerati che non dovrebbero esistere né ora né mai. La ragione? Semplice: ci si ritrova con attivisti e simpatizzanti leghisti che, poiché più trogliditi del proprio leader, insultano e offendono magari con epiteti sessisti, proprio il principale bersaglio della “Bestia” salviniana: Lucia Azzolina.
UNA LUNGA LISTA. Il problema – verrebbe da pensare – è che siamo soltanto all’inizio della campagna elettorale, manca ancora un mese al voto delle regionali e del referendum confermativo. E da qui la domanda: cosa potrebbe accadere ancora di peggiore? Non basta, sempre parlando della Azzolina, aver detto che la ministra “nel cervello ha le rotelle al posto dei neuroni”? Non basta aver risposto a un gruppo di contestatori in piazza a Fondi l’altro giorno dicendo che ci sono le selezioni per “Ciao Darwin”? È questo il modo di fare politica, di esporre proposte serie e sensate in opposizione a quelle della parte rivale? Sì, probabilmente in casa Lega è così si fa politica. Altrimenti non troverebbe giustificazione l’ultima trovata social del Carroccio: un sondaggio sul peggior ministro della storia d’Italia.
Le candidate? Oltre l’immancabile Azzolina, Teresa Bellanova, Elsa Fornero, Luciana Lamorgese. Tutte donne, esposte evidentemente a commenti di ogni genere. Senza dimenticare che per quanto riguarda la Lamorgese era stata già definita dallo stesso Salvini “criminale”. Ed ecco il punto: non può un leader politico non comprendere il rischio di dare del “criminale” o di parlare di “delitto” nei confronti di un avversario politico. Non può permetterselo. E non ci si può sorprendere se poi ad insultare pesantemente personaggi politici donna sono spesso proprio i leghisti che, evidentemente, si sentono legittimati in questo usus dal proprio partito.
IL RISCHIO. Il punto è proprio questo: l’effetto, al di là della semplice campagna elettorale, che le parole di un leader sfaccendato possono avere sul proprio elettorato. Pochi giorni fa Davide Faraone, per esempio, aveva preso posizione contro la Lega e contro l’ordinanza regionale di Nello Musumeci che avrebbe voluto mandar via tutti i migranti dalla Sicilia: subito sono piovuti insulti della peggior specie, anche contro la figlia che ovviamente nulla c’entrava. Esattamente come capitato con i tanti ragazzi che, dopo uno sfottò, sono stati buttati sui social di Salvini per il libero sfogo di chiunque. Una campagna elettorale dovrebbe affrontare temi e avanzare proposte, non essere il palcoscenico per il teatrino dei bulli.