Un buco di 1088 magistrati, tra requirenti e giudicanti. Su una pianta organica che dovrebbe contare 9921 unità, a tanto ammontano i posti vacanti in magistratura. Eppure, nonostante l’ammanco, tornano a salire i cosiddetti magistrati fuori ruolo. Un tema tornato di attualità, peraltro, considerando che solo pochi giorni fa il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha sottolineato l’esigenza che i giudici che entrano in politica debbano lasciare la toga. Intanto l’ultimo aggiornamento, pubblicato il 2 luglio dal Csm, parla di ben 220 magistrati fuori ruolo. Un numero in forte crescita rispetto ai mesi passati. Bisogna infatti tornare al marzo 2017 per avere numeri simili (al tempo erano 221).
Giungla di norme – C’è da dire, però, che i magistrati in senso stretto “fuori ruolo” sono 152. La legge di riferimento, infatti, è la numero 181 del 2008 e prevede che siano al massimo 200 i magistrati ordinari destinati a funzioni non giudiziarie (presso il ministero della Giustizia o altri ministeri, la Presidenza del Consiglio, la Camera dei Deputati, e così via). Ma non è finita qui. Il limite massimo di 200, infatti, non riguarda lo svolgimento di particolari funzioni giudiziarie presso organi costituzionali o di rilevanza costituzionale. “La stessa legge del 2008 – si legge direttamente sul sito del Consiglio Superiore della Magistratura – prevede difatti che tale limite non trovi applicazione nei confronti dei magistrati collocati fuori ruolo presso la Presidenza della Repubblica, la Corte Costituzionale e il Consiglio Superiore della Magistratura”. Come se non bastasse, ulteriori ipotesi di collocamento sono disciplinate da leggi specifiche. Per dire: un’ulteriore categoria di collocamento fuori ruolo attiene all’esercizio del diritto di elettorato passivo dei magistrati e allo svolgimento di funzioni politiche o amministrative. E così ecco che magicamente il numero arriva a toccare quota 220.
La lunga lista – Ma di chi stiamo parlando? Partiamo dai 152 della prima categoria. Il boom dell’ultimo periodo, qui, è testimoniato dal fatto che solo nel 2018 sono andati fuori ruolo 44 magistrati. È il caso, ad esempio, di Francesca Grassi che da maggio di quest’anno è collaboratrice per la commissione d’inchiesta sul fenomeno migratorio. Leonardo Pucci, invece, da fine giugno, è andato al ministero della Giustizia a fare il vice capo di gabinetto vicario. Ma, ovviamente, nella lunga lista ci sono anche casi illustri di magistrati fuori ruolo. Come nel caso di Raffaele Cantone, che dal 2014 non è più al suo posto. Ma non è l’unico: Noemi Coraggio lavora da “esperta” presso la presidenza del Consiglio dal 2009. C’è, poi, chi lavora nelle ambasciate come Romina Incutti (ovviamente come “esperto giuridico”), chi è finito al ministero dello Sviluppo economico come Paolo Andrea Taviano. Ai 152, poi, si affiancanoi 42 – non rientranti nel tetto dei 200 – che lavorano presso il Csm (17), la Corte Costituzionale (21) o la presidenza della Repubblica (4). E, infine, i “collocati fuori ruolo per incarichi elettivi”: il Csm ne conta 25, ma sono meno considerando che nell’elenco compare anche anche Felice Casson che ormai è ex parlamentare. Resta di diritto, invece, il presidente della Puglia, Michele Emiliano, i parlamentari Cosimo Maria Ferri, Giusi Bartolozzi e l’europarlamentare Caterina Chinnici. C’è da sorprendersi? Probabilmente no. L’elenco “magistrati in servizio con almeno un collocamento fuori dal ruolo organico” conta la bellezza di 817 nomi. Ed è tutto dire.