Si susseguono appelli alla calma e al ricongiungimento, ma sembra stiano cadendo nel vuoto. La situazione, nei fatti, resta molto critica. La strage di poliziotti consumata nelle strade di Dallas durante la manifestazione organizzata da Black Lives Matter (cinque gli agenti uccisi, sette quelli feriti) mette a nudo ancora una volta il nervo scoperto dei rapporti tra le forze dell’ordine e la comunità afro-americana.
La responsabile del dipartimento di Giustizia, Loretta Lynch, in un messaggio alla nazione, ha sottolineato come la risposta alla frustrazione “non è mai la violenza. Ma è l’azione. Un’azione calma, determinata e pacifica” E ha poi aggiunto, rivolgendosi a tutti gli americani: “vi imploro, non lasciate che questa settimana generi altra violenza. La vostra voce è importante“.
Ma a non raccogliere l’invito sembra sia la stessa polizia, che alza i toni: “È una guerra contro i poliziotti” e l’amministrazione Obama con il “suo rifiuto di condannare movimenti come Black Lives Matter” è da considerarsi responsabile del “clima che ha reso possibile Dallas”. È questo infatti l’attacco lanciato al presidente democratico da William Johnson, direttore esecutive della National Association of Police Organizations, associazione che tutela gli interessi dei dipartimenti di polizia e dei suoi agenti e conta 241mila poliziotti tesserati, intervistato da Foxnews.
“Credo che l’atteggiamento dell’amministrazione Obama di acquiescenza nei confronti di criminali violenti, il rifiuto di condannare movimenti come BLM, tutto quell’incolpare i poliziotti per i problemi di questo Paese, credo che questo abbia portato al clima che ha reso possibile Dallas”, ha detto il capo dell’associazione di poliziotti.
Sulla strage anche Ban Ki-moon ha fatto sentire la propria voce. Il segretario generale delle Nazioni Unite ha condannato l’omicidio dei cinque poliziotti, ma ha anche ribadito la necessità di indagare sulle morti dei cittadini afroamericani da parte della polizia in Lousiana e in Minnesota.