“Noi vogliamo cooperare per costruire un’alleanza di un nuovo centrosinistra che sia la base dell’alternativa a questo governo di destra che, secondo noi, sta facendo male a questo Paese.” Parole e desideri di Enrico Borghi, senatore e vicepresidente di Italia Viva, che ieri, ospite della trasmissione In Dino veritas, ha suonato la tromba per proporre “alle altre forze che si oppongono al governo Meloni un accordo-pacchetto che, attraverso le altre regioni che andranno al voto, trovi un’omogeneità di tutte queste forze, partendo dal rispetto delle singole realtà territoriali e dell’esigenza di costruire una proposta che sia convincente per l’alternativa a questa destra.” In sostanza: Italia Viva desidera fortissimamente fare parte dell’ammucchiata antimeloniana.
L’alleanza del “tutti contro”
Secondo Borghi, i numeri “dicono che se tutte le opposizioni al governo Meloni si unissero tra loro, il governo Meloni andrebbe a casa.” La strategia, quindi, sarebbe semplice: sommare i voti fingendo che siano bancali inerti da spostare alla bisogna. Nessun dubbio sul fatto che gli elettori si accorpino come atomi. Tutto, ovviamente, per “mandare a casa Meloni”, senza un passo in più. Anche perché immaginare Borghi e i suoi compagni di Italia Viva al governo con Pd, M5s, Avs sarebbe un tuffo nella distopia.
“Il Pd di Schlein è la casa di una sinistra massimalista figlia della cancel culture americana, che non fa sintesi e non dialoga. Io credo in un progetto riformista alternativo alla destra e distinto da questo Pd.” Sono passati esattamente due anni dall’intervista a Repubblica in cui Borghi annunciava il passaggio dal Pd a Italia Viva con queste parole. Il giorno successivo, il 27 aprile 2023, a Sky Borghi spiegava che “il Pd si è arroccato su posizioni identitarie che non gli consentono di diventare maggioranza. Una sinistra massimalista non ha speranze contro la destra.” Il 2 maggio di quell’anno, il senatore spiegava in un’intervista a Linkiesta che “la mutazione genetica del Pd è evidente. La sua spinta sui diritti individuali, sganciata dai doveri, e l’accento pauperista non rispondono alla mia visione riformista.”
Italia Viva dalla rottura al riavvicinamento tattico
Poi il miracolo: qualcuno deve aver spiegato a Borghi che senza il Partito democratico e il Movimento 5 Stelle un seggio alle prossime elezioni sarebbe utopia. Da lì in poi, fino a ieri, il senatore ha parlato di tutto (la sicurezza nazionale, la geopolitica e il Ddl sulle guerre cognitive), ma le alleanze sono sparite dall’agenda.
A spingere contro il Pd dopo maggio 2023 ci ha pensato il suo capo, Matteo Renzi. “Non siamo qui per fare da stampella al Pd, ma per superarlo”, ha detto l’ex premier alla convention di Italia Viva nel settembre 2023. Poi, il mese dopo, anche Renzi ha parlato di Pd “pauperista e massimalista.” A febbraio del 2024, in un’intervista a Repubblica, il leader di Italia Viva ha dichiarato: “Noi di Italia Viva non possiamo stare con chi preferisce il populismo alla concretezza”, riferendosi al M5s che “è l’opposto di un progetto europeista e riformista.” A giugno 2024, Italia Viva prende una scoppola alle elezioni europee. Di chi è la colpa? “Il Pd non ha capito che per battere la destra serve un progetto largo e riformista, non un’alleanza con i grillini. Noi non siamo contro il Pd, ma non possiamo essere complici di una sinistra che non sa vincere”, dice Renzi a Rainews.
E il M5s? Per Renzi: “Un’accozzaglia di incompetenti che ha distrutto il Paese” (aprile 2023), “saltimbanchi della politica” (settembre 2023), “hanno svenduto l’Italia per un like” (febbraio 2024), “un virus che ha infettato la politica italiana” (giugno 2024). Per Boschi sono “una barzelletta che non fa ridere nessuno”, per Rosato “dilettanti allo sbaraglio”, per Bellanova “camaleonti senza principi.”
Strano modo, quello di Borghi e compagni, di trovare “un’omogeneità di tutte queste forze partendo dal rispetto delle singole realtà”, davvero.