Vediamo di scriverlo chiaro: che Vladimir Putin sia uno scellerato che invade l’Ucraina è acclarato. È acclarato che nonostante le promesse ripetute (tra cui la telefonata con Macron) stia portando avanti una guerra che violenta i civili, è acclarato che sia un pericolo per gli equilibri dell’Europa e del mondo ed è chiaro che la sua opera vada fermata. Che Putin sia un pericoloso autocrate non è una novità.
Guerra in Ucraina, Putin è solo l’ultimo dei “cattivi” caduti in disgrazie dopo essere stato vezzeggiato
Il vizio di mondare i tiranni in nome dei soldi è qualcosa che molti della nostra classe dirigente fanno da molto tempo: siamo il Paese che ha coccolato Gheddaffi, siamo il Paese che accarezza Erdogan (“dittatore di cui abbiamo bisogno” secondo Mario Draghi), siamo il Paese che oggi finanzia con l’Unione europea quella masnada di criminali che scorrazzano nel mare della Libia: Putin è solo l’ultimo dei “cattivi” caduti in disgrazie dopo essere stato vezzeggiato.
Per questo non è un esercizio inutile, come dice qualcuno, ricordare che Matteo Salvini firmò con lui un patto di collaborazione, che per Silvio Berlusconi era “un dono del Signore” e che i governi Renzi e Gentiloni gli vendevano armi anche dopo l’embargo Ue. Ricordare è utile per avere le giuste proporzioni di chi oggi addita i pacifisti come “putiniani”. Ognuno può tirare le somme.
Il centrodestra esulta alla guerra perché ha tutto quello che gli serve: militarismo sfacciato, un nemico giurato, qualcosa da difendere, qualcuno da salvare. Che il nemico giurato sia un loro ex amichetto, che da difendere sia quell’Europa che hanno sempre bistrattato e che quelli da salvare siano profughi che hanno sempre additato come invasori non è importante: per essere di destra in questi tempi in Italia è richiesta una grande propensione alla dimenticanza.
Che certi centristi italiani applaudano qualsiasi decisione venga presa da Draghi e dall’Ue non merita nemmeno troppo commento: essere entusiasti è il primo punto del loro programma politico. Merita una riflessione il “fronte progressista”, quella presunta coalizione di centrosinistra che nei piani di Enrico Letta e di Giuseppe Conte dovrebbe essere l’alternativa al sovranismo e dovrebbe riuscire a ricostruire un’identità piuttosto annacquata.
Non ci si aspettava le barricate in difesa di un intervento non armato, non sia mai, ma è piuttosto sconsolante notare che proprio il “fronte progressista” sia così convintamente interventista e plaudente per 500 milioni di euro spesi in armi con l’etichetta di “fondo della pace”.
Nessun tentennamento per quella che l’ex viceministro degli Esteri Mario Giro (governo Gentiloni) definisce “una non-soluzione, un’assurdità non degna dei governanti europei”. Nessun cenno ai valori del pacifismo, nessuna obiezione a una guerra che rischia di esacerbare i nazionalismi. Addirittura ci tocca sentire Letta ringraziare la Polonia “per l’accoglienza dei profughi ucraini”, fingendo di non sapere che lì al confine si sceglie chi fare entrare in Europa in base al colore della pelle e fingendo di non sapere che il governo polacco stia costruendo una barriera metallica al confine con la Bielorussia di 186 km e alta 5 metri per lasciare morire i disperati non ucraini (21 morti nel 2021).
Siamo realisti, sappiamo che i partiti debbono con responsabilità stare nelle linee del governo e dell’Europa. Ma il “fronte progressista” è questa cosa qui? Questi che impacchettano le armi con il testosterone a mille, senza amarezza, senza ansia, senza nemmeno un tarlo?